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Finanza e shipping: due terzi delle navi in circolazione non potranno essere classificate come green
Contributo a cura di Fabrizio Vettosi * * managing director Vsl Club Ormai non passa giorno che ognuno di noi, impegnato nelle più svariate attività intellettuali o di impresa, non proferisca alcune parole “magiche”, green, sustainable, ESG (Environment, Social, Governance), ormai ricorrenti nel vocabolario di Ministri, politici, studiosi, manager, Presidenti di Associazioni, banchieri, etc. […]
Contributo a cura di Fabrizio Vettosi *
* managing director Vsl Club
Ormai non passa giorno che ognuno di noi, impegnato nelle più svariate attività intellettuali o di impresa, non proferisca alcune parole “magiche”, green, sustainable, ESG (Environment, Social, Governance), ormai ricorrenti nel vocabolario di Ministri, politici, studiosi, manager, Presidenti di Associazioni, banchieri, etc. In particolare nel settore dello shipping il tema è argomento di dibattito a tutti i livelli (Tecnico, Manageriale, Associativo) alla luce del fatto che la modalità di trasporto marittimo pesa poco più del 2% delle emissioni di CO2 a livello globale e, soprattutto, che tale livello si è ridotto di oltre 1/3 in 12 anni e che le emissioni per unità (gt) si sono ridotte del 57% in 15 anni ed in valore assoluto le tons di CO2 emesse di oltre il 20% in 12 anni.
Fatta questa opportuna premessa, spesso le iniziative a cui assistiamo sono più fenomeni di greenwashing e di marketing (es. “Poseidon Priciples”) piuttosto che vere e proprie concrete partecipazioni attive ai tavoli in cui si definiscono le regole, e ciò ovviamente me ne duole molto essendo, infatti, il rappresentante di Confitarma su questo tema in sede ECSA. Infatti, pur partecipando attivamente ai lavori tecnici, noto come altri Paesi hanno molta più sensibilità e presa politica sull’argomento. Ma proviamo a fare chiarezza:
L’unica norma approvata e che regolerà la “Taxonomy” sul Sustainable Finance è il “Regolamento EU n. 852” (“Taxonomy Regulation” o meglio nota come “TR”) emanato lo scorso 18/6 e frutto di un corposo documento tecnico redatto dal TEG (Techical Expert Group) che ha definito i principi in base ai quali i singoli settori di industria (in base alla nomenclatura NACE dei codici di attività economica) verranno considerati sustainable sulla base dei c.d. Technical Screening Criteria (art. 19) che verranno applicati dopo i delegated act con una specifica legge EU. Tale regolamento prevede, tra l’altro, i criteri affinché un settore venga definito “transizionale” (art. 10), il che da la possibilità di non essere escluso a priori dalla definizione mediante i delegated act. In ultimo, ma non da meno, la TR definisce anche (art. 17) i criteri per classificare le attività/asset considerati DNSH (Do Not Significant Harm), ovvero la cui operatività non risulta danno in quanto attenuata da opportuni effetti mitiganti.
Tutto ciò, successivamente all’esame degli “atti delegati”, diventerà norma cogente e verrà anche incorporata (entro il 2025) nella regolamentazione bancaria attraverso l’introduzione di un “Green and Social Supporting Factor” che, di fatto premierà le aziende/asset compliant con i suddetti criteri, mentre classificherà “brown” le altre che avranno un aggravio dei costi di accesso al credito, od addirittura un diniego indipendentemente dal merito creditizio. Tra l’altro c’è da dire che già dallo scorso 10 marzo, limitatamente ai prodotti finanziari collocati da intermediari autorizzati, vi è una parziale applicazione della “Taxonomy Regulation” in quanto si impone agli stessi di rendere disclosure (ai sensi dell’art. 6) dei criteri di sostenibilità applicati nelle selezione dei prodotti finanziari collocati.
I criteri di definizione (Technical Screening Criteria) non sono stati a suo tempo definiti per lo shipping nel documento tecnico rilasciato dal TEG (Technical Expert Group), rinviandoli alla fase attuale degli “Atti Delegati”; ed è questo il vero punto cruciale. In questi giorni si sta giocando una partita molto importante in quanto dalla lettura degli “Atti Delegati”, relativamente ai criteri di definizione per lo shipping, è emersa la criticità del c.d. “Cargo Principle”. In breve, ai punti 6.10 e 6.11 si cita testualmente “Vessels are not dedicated to trasport fossil fuels”; ciò significa che praticamente si escludono dalla definzione green a priori tutte le navi che trasportano fossil fuels. In pratica ciò significa che “brown” dal punto di vista finanziario e, ancor di più, che l’applicazione degli scrubbers non viene considerata un mitigante e, quindi, non inserita tra le attività “non dannose” (DNSH).
Si può immaginare di come un siffatto framework sia dirompente e richiederebbe più attenzione da parte degli stakeholders e delle nostre Autorità Governative (in primis MIMS e MEF) che partecipano (o dovrebbero farlo) ai lavori sugli “Atti Delegati”.
Questo punto è stato da me portato anche all’attenzione della Task Force Finance & Infrastructure del B20 ed in cui rappresento Confitarma. Tra l’altro, si sottolinea a latere come, ad oggi, dal punto di vista bancario lo shipping non è classificato nella classe “Infrastructure Lending” e di conseguenza non può beneficiare dei vantaggi che ne derivano.
Quanto evidenziato serve anche a sottolineare che le molte iniziative che si sono viste proliferare di recente (Poseidon Principles, ICMA, CBI) sono anche frutto di interessi di lobby e che non hanno per la loro stessa valenza alcun effetto di legge. Al momento le uniche norme sono quelle che promanano dalla EU attraverso i Regolamenti 852/2020 e 2088/2019 e dalle future norme che verranno emanate dopo la discussione degli “Atti Delegati” con i commenti del Gruppo Consultivo (Sustainable Finance Platform).