Il riassunto di un 2021 vissuto pericolosamente anche dagli spedizionieri italiani
(Questo articolo è stato pubblicato nell’inserto “Un anno di SHIPPING in Italy – Edizione 2021″ – Clicca qui per leggerlo) L’anno appena trascorso, come già il 2020 che l’ha preceduto, sarà ricordato da molti anche per l’imprevedibilità sul fronte dei trasporti marittimi, in particolare container, un fenomeno che ha toccato da vicino la categoria degli […]
(Questo articolo è stato pubblicato nell’inserto “Un anno di SHIPPING in Italy – Edizione 2021″ – Clicca qui per leggerlo)
L’anno appena trascorso, come già il 2020 che l’ha preceduto, sarà ricordato da molti anche per l’imprevedibilità sul fronte dei trasporti marittimi, in particolare container, un fenomeno che ha toccato da vicino la categoria degli spedizionieri.
Se da un lato gli operatori in Italia possono dire di avere agguantato di recente almeno tre risultati positivi (è stato nuovamente scongiurato il rischio dell’introduzione dei controlli radiometrici sulle merci in import in modo indistinto, è stata definita la bozza di regolamento per l’implementazione del Sudoco, la riforma del contratto di spedizione ha avuto l’ok della Commissione Bilancio della Camera), dall’altro si sono trovati ad agire in un contesto che a livello globale ha visto acuirsi le difficoltà già emerse.
I problemi sono quelli che già si era iniziato a osservare l’anno prima: in primis carenza di equipment, provocata dallo sbilanciamento dei traffici, e congestioni portuali, a cui hanno dato il loro contributo gli andamenti a singhiozzo delle attività produttive in varie parti del mondo ma anche i ‘lockdown’ limitati o estesi in alcuni degli scali più importanti del globo (da ricordare i casi degli stop nei porti cinesi di Yantian e Ningbo ma anche le interruzioni in Vietnam, così come la crisi nei porti statunitensi della West Coast, che peraltro potrebbe acutizzarsi nel 2022 per ragioni tutte locali). Un riflesso di queste difficoltà si è ritrovato nei ritardi delle navi portacontainer, o per meglio dire nei livelli di puntualità sprofondati negli ultimi mesi ai loro minimi storici. A metà anno poi è arrivato il ‘blocco’ di Suez, causato dall’incaglio della Ever Given, i cui effetti, perlomeno sull’Italia, non sono stati però così gravi come temuto inizialmente pur però avendo provocato un aumento delle tariffe delle spedizioni tra Asia e Mediterraneo.
E proprio il tema del caro-noli è quello che nel 2021 ha assunto il peso maggiore (come evidenzia chiaramente il grafico di Drewry).
Questo contesto ha certamente creato forti contrapposizioni tra i diversi attori del trasporto marittimo, portando i rappresentanti degli spedizionieri (insieme a quelli dei caricatori), anche italiani, più volte all’attacco degli armatori, non solo sul tema delle tariffe o dei blank sailing ma anche su quello del rispetto dei contratti, e a invocare l’intervento dell’autorità antitrust europea (che però su questo fronte si è dimostrata, perlomeno in pubblico, meno proattiva di quello statunitense, e solo recentemente si è esposta dicendo di non avere prove di comportamenti anti-concorrenziali da parte dei liner).
Ma ha anche spinto la categoria a cercare con forza soluzioni originali, come quella di noleggiare in proprio navi portacontainer per traffici specifici, un’idea sviluppata prima all’estero da nomi di punta quali Geodis o Bolloré Logistics e che ha poi trovato in Italia un suo protagonista nelle iniziative di Rif Line. Un caso unico, infatti, è stato l’esempio della casa di spedizioni laziale che ha deciso di iniziare a operare sul mercato anche in qualità di vettore marittimo.
Un trend, quello dei container, che ha invece convinto altri (tra questi Paolo Federici di Fortune International) a lasciare da parte le spedizioni dei box – settore dove il ruolo di big player e piattaforme di booking on line sta diventando predominante, come evidenziato anche dal presidente di Omlog International Riccardo Fuochi – per concentrare le proprie attività sull’ambito, a maggiore valore aggiunto, del project cargo.
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