L’appello di Catani: “Transizione ecologica da ripensare”
Secondo il consigliere di Assarmatori l’epilogo rischia di essere un aumento dei costi di gestione e del trasporto per gli utenti senza reali benefici
Un tema complicato. Con questa parole Matteo Catani, parlando in qualità di membro del consiglio direttivo di Assarmatori, la serie di obiettivi “sfidanti” in arrivo dall’Europa ma anche da normative sovranazionali, che impongono una netta riduzione delle emissioni. Sul tavolo ci sono due temi su tutti: cold ironing e depositi per i nuovi carburanti nei porti, all’interno del grande dibattito sulla transizione ecologica e sul piano Fit for 55. “La nostra flotta di traghetti è la più grande cha abbiamo in Europa e nel mondo e sta garantendo i trasporti italiani: ma ci sono alcune criticità fortissime che dovremo andare ad affrontare nei prossimi mesi nei prossimi anni” ha sottolineato Catani a margine dell’ultimo annual meeting di Assarmatori. “La transizione ecologica, per come è disegnata oggi, risulta essere ancora troppo incerta, troppo confusa: è ancora poco realistica per essere scaricata effettivamente a terra”.
Cosa bisogna fare dunque? “Bisogna fare il punto della situazione e progettare con maggiore gradualità” ha spiegato il manager genovese. È necessario verificare le effettive possibilità di applicazione delle nuove tecnologie come idrogeno, Gnl, piuttosto che i carburanti alternativi in generale o il cold ironing. Detto questo, è poi necessario calendarizzarli secondo una scaletta che sia più consapevole, che non sia solo una spinta verso una transizione ecologica che, se non programmata bene, rischia di fare danni, comportando aumenti dei costi forti per le comunità”.
Già nel mese di giugno, in effetti, l’amministratore delegato di Grandi navi Veloci, a margine del Forum sull’Energia tenutosi a Genova aveva espresso i suoi dubbi sul tema: “Non c’è chiarezza e questo comporta incertezza sugli investimenti. E poi non c’è piena consapevolezza sui tempi effettivi di adeguamento: sul tema guardiano con favore alla recente della decisione del Parlamento europeo di posticipare alcune decisioni” era stato il suo pensiero.
Oggi il panorama si dimostra ancora più “complicato”. Cold ironing e depositi per i nuovi carburanti nei porti sono temi delicatissimi. “Il cold ironing è un’esigenza e un’opportunità” ha affermato il manager di Gnv. “Con la nuova normativa oggi in vigore il tema è diventato un obbligo da affrontare: con le norme di matrice internazionale Imo ci sono alcune categorie di navi che avranno bisogno di ridurre le emissioni in porto. Il problema è che la nuova tecnologia non è ancora disponibile nei porti. È necessario un forte investimento: una volta che si dotano i porti dell’infrastruttura, mano a mano che la rete di produzione da fonti rinnovabili cresce aumenterà, anche la quota di consumo da queste fonti”.
Catani ha sottolineato il fatto che “molto più complesso, invece, è cambiare la fonte energetica delle navi perché se andiamo su fonti come il Gnl, che fino a soli tre anni fa sembrava la soluzione al problema vediamo che, a conti più approfonditi, è un vantaggio per quanto concerne la fase di combustione, quello che esce dal fumaiolo, per intenderci”. Considerando, infatti, l’intero ciclo di vita, secondo l’a.d. della società di traghetti genvoese, la prospettiva cambia perché si vede che non c’è una gran differenza rispetto ai carburanti più tradizionali. “Accelerare in quella direzione significherebbe caricare la nave di costi importantissimi. Parliamo di milioni di euro per ogni unità navale senza avere un reale vantaggio netto dal punto di vista delle emissioni totali”. L’epilogo rischia di portare a “l’unico effetto reale di aumentare i costi di gestione, aumentare i costi del trasporto; alla fine, la novità, si tradurrà in rialzi anche per gli utenti senza avere un reale beneficio”.
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