Project cargo e trasporti eccezionali sempre critici, “ma non sul Po”
Forzoni (Fite) critica la consuetudine ormai di lasciare alle imprese il compito di svolgere le verifiche di sicurezza sulle infrastrutture
Il mondo del project cargo project e dei trasporti eccezionali ha trovato spazio nell’ultima sessione della kermesse convegnistica Shipping Forwarding & Logistics meet Industry durante la quale sono emersi vecchi problemi irrisolti ma anche nuoe opportunità ancora poco esplorate.
Da Sandra Forzoni, direttrice generale della Federazione italiana trasporti eccezionali, è arrivato un grido di dolore perchè è stato descritto un settore in sofferenza, per la rete stradale e infrastrutturale deteriorata, le norme divenute molto aggressive e un continuo scaricabarile di responsabilità. “Dal 2016 abbiamo assistito a crolli ripetuti, tra cui quello sul Polcevera. La politica non ha mai investito in manutenzione, salvo poi passare all’eccesso opposto, aggredendo l’economia con norme molto invasive, in un Paese che non ha le risorse tecniche ed economiche per affrontarle in tempi brevi” ha spiegato Forzoni. “Abbiamo decine di ponti non mappati, una normativa di inizio anni Novanta, un’Italia a due velocità tra Nord e Sud. Oggi la verifica del percorso viene fatta fare a chi prende in carico il trasporto, perché spesso l’ente gestore non è in grado di farla. I costi vengono scaricati sui clienti: fosse almeno utile per la sicurezza, ma ho l’impressione che non vengano scaricati solo i costi, ma anche la responsabilità” è stato il commento critico della segretaria della Federazione italiana trasporti eccezionali.
Le ha fatto eco Alberto Galbiati, amministratore delegato di Mammoet Italia, dicendo: “Cambierei il titolo della tavola rotonda in ‘Urla nel silenzio’, anche se la situazione non è disperata”. Galbiati ne fa anche una questione culturale. “La politica non ha sensibilità nei nostri confronti, il territorio è delicato e fragile, ma anche i clienti devono capire che il minor costo non può essere l’unico criterio di affidamento. Noi siamo un’azienda estremamente dotata di mezzi e strumenti, ma in Italia spesso questi lavori si fanno con 4-5 gru non adatte, con ditte che hanno pochi mezzi che devono far lavorare. Il risultato è che abbiamo infrastrutture che vengono rifatte 4 volte l’anno, ogni volta con la stessa metodologia e al risparmio, che si deteriorano ogni volta negli stessi tempi”.
Per trasferire grandi colli non esiste però solo la terra ferma, come ha spiegato Anzio Negrini, ingegnere del Propeller Club Port of Mantua, secondo il quale “l’idea di ‘eccezionale’ va ridimensionata quando si parla di trasporto fluviale. Le certezze sui carichi eccezionali possono essere certamente estese sulla navigazione del Po, perché è navigato e navigabile – ha spiegato, illustrando il lavoro fatto a Mantova e le potenzialità del trasporto su fiume nel Nord-Est – un pezzo speciale da 600 tonnellate su strada è molto grande e problematico, ma in acqua provoca un pescaggio di appena un metro: anche nelle condizioni più proibitive, come quelle degli ultimi anni, è assolutamente possibile programmare” trasporti di questo tipo.
Una scelta, quella di investire su forme alternative di trasporto come quella fluviale, che però dipende dall’impegno della politica, ha sottolineato ancora Sandra Forzoni: “Il costo è molto alto finora, ma si può fare e auspico che sempre più trasporti eccezionali passino dal fiume, così come auspico che i monitoraggio della rete stradale venga fatto dal gestore: basta con le verifiche scaricate su chi trasporta”.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY