Sui depositi costieri di Gioia Tauro sentenza del Tar favorevole alla port authority
Vittoria al tribunale amministrativo di Reggio Calabria nel contenzioso avviato da Ludoil per tentare di salvare il finanziamento pubblico ottenuto nel 1995
Con una lunga sentenza il Tar di Reggio Calabria ha messo la parola fine a un contenzioso che l’Autorità di Sistema Portuale di Gioia Tauro si trascinava da oltre 25 anni, relativo a una richiesta di concessione demaniale finalizzata alla realizzazione di un deposito costiero per lo stoccaggio di olii minerali (benzina e gasolio) della capienza di 40 mila metri cubi in 14 serbatoi.
“Il tribunale amministrativo reggino ha giudicato pienamente legittimo il diniego a una istanza privata che, attraverso il finanziamento pubblico ex legge n° 488 – tristemente nota nel territorio calabrese – avrebbe voluto realizzare un insediamento privo di interesse pubblico in un’area ad evidente rischio sismico, tanto che il complesso iter istruttorio non si era mai perfezionato nel corso dei decenni” ha commentato la port authority ringraziando lo studio legale Zunarelli, suo patrocinante.
“La vicenda nasce nel 1995, quando, la ditta Spgt (Società Petrolifera Gioia Tauro, allora facente capo alla famiglia di petrolieri romani Sensi, oggi, in mano al gruppo Ludoil della famiglia Ammaturo, controllante fra l’altro della Sodeco attiva nei depositi costieri di Civitavecchia e della Meridionale Petroli di Vibo Valentia, ndr) presenta istanza di concessione alla capitaneria di porto di Reggio Calabria” comincia la ricostruzione della lunga vicenda da parte dell’Adsp.
Dopo una prima autorizzazione gli approfondimenti del Consiglio Superiore dei lavori Pubblici portano nel 2003 al blocco dei lavori. L’Autorità portuale revoca allora la concessione che viene però ripristinata nel 2008 dal Consiglio di Stato: “Da quel momento, però, tutto tace e fino al 2017 nessun lavoro viene posto in atto per il completamento dell’opera. Il colpo di scena giunge, dopo 14 anni di fermo, con la richiesta di completamento dell’iter concessorio da parte della ditta, adducendone motivi d’urgenza. Nei fatti, considerata la mancata realizzazione dell’opera, il Mise, titolare del finanziamento pubblico derivante dalla nota e improduttiva legge 488, ne richiede la restituzione dei soldi pubblici con revoca del finanziamento. Ripresa l’istruttoria, l’Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Ionio riaggiorna la pratica amministrativa e richiede la produzione documentale, già ripetutamente chiesta alla ditta e mai prodotta. In vista di una eventuale e imminente perdita del finanziamento, la Spgt modifica il progetto riducendo a dieci i serbatoi, cambiando la destinazione dell’attività, che da stoccaggio passerebbe al solo trading, e ipotizzando un punto di accosto lungo la banchina nord, destinata altresì ad un uso pubblico polifunzionale”.
Il risultato però non cambia: “A quel punto, l’Ente istituisce un tavolo tecnico che, nel valutare la nuova proposta, esprime il proprio parere negativo e lo sottopone al Comitato portuale che, a sua volta, avalla la decisione dell’Ente. Gli ultimi passi della vicenda, nel 2021, vedono l’Autorità di Sistema portuale assumere il provvedimento di rigetto dell’istanza originaria, sia per mancanza della progettualità dell’opera che, entrando nella valutazione di merito, per assenza di interesse pubblico dell’intrapresa rispetto all’attuale assetto operativo dello scalo portuale di Gioia Tauro. L’atto finale ha visto, nella giornata di ieri, il pronunciamento del Tar di Reggio Calabria che, con la sentenza n° 432/2023, ha dato piena e cristallina ragione all’Ente portuale”.
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