Velocità ridotta e “minime modifiche” potrebbero triplicare l’operatività del canale Malamocco Marghera
Presentate dalla AdSP di Venezia le conclusioni dello studio ‘Channeling the Green Deal for Venice’ durato due anni
Una riduzione della velocità delle navi che lo percorrono, unitamente ad alcune “minime modifiche” infrastrutturali, potrebbe incrementare fino a tre volte l’operatività del canale Malamocco Marghera, la principale arteria portuale veneziana. A queste conclusioni è arrivato lo studio ‘Channeling the Green Deal for Venice’, presentato oggi dalla locale Autorità di Sistema Portuale nel contesto della prima Biennale della Sostenibilità.
Durata due anni, tra studi preparatori analisi e test, l’analisi – aggiudicata dall’authority tramite una gara europea a un team di società di consulenza coordinate dal Danish Hydraulic Institute, e finanziata tramite fondi Cef (Connecting Europe Facility) – ha previsto la costruzione di modelli idrodinamici e lo svolgimento di simulazioni di navigazione con l’obiettivo di individuare soluzioni per incrementare la sicurezza della navigazione, l’operatività dell’infrastruttura e la sostenibilità ambientale. In particolare, spiega la AdSP, questa si è concentrata “sul processo fisico che maggiormente impatta sulle tendenze evolutive dei bassifondi lagunari adiacenti al canale”, ovvero “le onde di dislocamento generate dal passaggio delle navi”, i cui effetti “sono direttamente collegati al rapporto tra la larghezza della sezione del canale, la forma e le dimensioni della porzione sommersa dello scafo delle navi e la velocità di navigazione delle stesse”.
Lo studio ha permesso quindi di individuare e testare alcune soluzioni progettuali, che consentirebbero di aumentare l’operatività del canale fino a 3 volte, in una situazione di maggiore sicurezza, riducendo i costi di manutenzione e di limitando del 50% i fenomeni di erosione e di sospensione dei sedimenti.
Come accennato sopra, il primo obiettivo da perseguire – vi si conclude – dovrebbe essere quello di ridurre la velocità delle navi. Passando da 10 a 8 nodi, si è osservata ad esempio una diminuzione drastica del fenomeno del draw down, ossia il rapido abbassamento del livello marino al passaggio della nave, potenzialmente correlato all’erosione dei fondali. Questa misura, spiega la AdSP, “è già stata recepita in un provvedimento dell’Autorità marittima”.
Il canale, prosegue l’analisi, “che ha oggi una base, o cunetta, di 60 m con allargamenti fino a 100 m e sponde di pendenza 1:3” andrebbe inoltre “portato a profondità prevista da Piano Regolatore Portuale, ossia –12 metri”.
Per superare alcune criticità per la sicurezza è inoltre proposta una rettifica in alcuni punti, sempre nel perimetro del Piano Regolatore Portuale, ad esempio in corrispondenza della curva di San Leonardo e nella sezione in prossimità del terminal di Fusina, “per migliorare la sicurezza delle navi in ingresso e uscita dalle darsene, e oltre Fusina e verso Marghera”. Inoltre si suggerisce la protezione della sponda orientale del canale, – tramite “strutture morfologiche simili a barene naturali”, da realizzare l’utilizzo dei sedimenti scavati – permetterebbe di ridurre significativamente la propagazione delle onde in laguna.
Per i vari dragaggi lo studio prevede un volume di escavo complessivo pari a circa 1,9 milioni di metri cubi di sedimento (con costi stimati in 42 milioni di euro), mentre la creazione delle strutture morfologiche ne richiederebbe per circa 2,5 milioni di metri cubi (per 58 milioni di euro).
“Le indicazioni proposte dal team di ricerca, che si concentrano sulla necessità di ridurre la velocità del naviglio e sulla realizzazione di minime modifiche infrastrutturali lungo il canale Malamocco Marghera, permetterebbero di triplicare l’operatività della principale via d’accesso al porto di Venezia, di migliorare la sicurezza e di abbattere del 50% i fenomeni di erosione dei fondali e di sospensione del sedimento causati dal passaggio delle navi”.
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