Indagine Ecsa: dopo il Covid-19 meno occupazione e meno investimenti in navi
Fatta eccezione per gli armatori che operano nel segmento liquid bulk, tutti gli altri attori del trasporto marittimo in Europa stanno subendo ingenti perdite a causa degli effetti sulla loro attività della pandemia di Covid-19 e le previsioni sul futuro sono poco incoraggianti. Lo evidenzia un’indagine condotta dall’European Community Shiponwers’ Association (ECSA) dalla quale emerge […]
Fatta eccezione per gli armatori che operano nel segmento liquid bulk, tutti gli altri attori del trasporto marittimo in Europa stanno subendo ingenti perdite a causa degli effetti sulla loro attività della pandemia di Covid-19 e le previsioni sul futuro sono poco incoraggianti. Lo evidenzia un’indagine condotta dall’European Community Shiponwers’ Association (ECSA) dalla quale emerge che molti segmenti del settore marittimo europeo sono fortemente colpiti dalla crisi in atto e che le misure assunte a livello europeo o nazionale per alleviare tali difficoltà non sempre sono disponibili in tutti gli Stati membri dell’Ue. Oltre ad un significato impatto negativo sul conto economico delle compagnie di navigazione in termini di perdita di fatturato, la crisi sanitaria sta avendo anche un grave impatto sull’occupazione nel settore marittimo.
Se il settore delle navi cisterna risulta il meno danneggiato dall’impatto della crisi, l’indagine mostra come invece fra i business più colpiti ci siano i traghetti, le crociere, il trasporto di veicoli nuovi e le navi a supporto dell’industria offshore. Relativamente alla riduzione di fatturato determinata dalle limitazioni agli spostamenti delle persone imposte dai governi per contenere il contagio, la flessione più consistente accusata nel marzo 2020 rispetto al marzo 2019 è stata registrata dal settore dei traghetti, con molte compagnie che hanno denunciato un calo del fatturato superiore al 60%. A seguire le navi da crociera, le car carrier e le navi per l’industria offshore. Diametralmente opposta invece la situazione per le petroliere e le navi cisterna che lo scorso mese di marzo hanno registrato un aumento significativo del loro fatturato.
L’indagine condotta da Ecsa fra i propri associati è stato incentrata anche sulle previsioni di fatturato relativo al secondo trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo dell’ano precedente, e la risultanze non cambiano. Non solo: per le car carrier, le navi per l’industria offshore, le navi general cargo e le portacontainer l’aspettativa è di un peggioramento dei risultati economici.
Per ciò che riguarda le previsioni per l’intero 2020, dall’indagine risulta che la maggior parte degli operatori attivi nel comparto del trasporto passeggeri prevede un calo del fatturato di oltre il 40% rispetto allo scorso anno.
Guardando all’aspetto dell’occupazione gli operatori con flotte di bulk carrier e di tanker hanno segnalato di non aspettarsi grandi cambiamenti, mentre quelli che operano portacontainer e general cargo prevedono un calo fino al 20% dei marittimi occupati a bordo. Riduzioni molto più consistenti sono attese in altri segmenti che registrano maggiori perdite, ovvero quelli delle crociere, dell’offshore, delle navi porta-auto e dei traghetti in cui si prevede una diminuzione anche superiore al 60% dei marittimi occupati. Quanto al personale di terra l’indagine ha riscontrato trend analoghi, con un maggiore impatto negativo sull’occupazione nei segmenti più colpiti dal lockdown. Tuttavia, rispetto alle previsioni sull’occupazione dei marittimi, ci sono meno aspettative di gravi perdite di posti di lavoro superiori al 60% del totale.
ECSA ha domandato inoltre ai propri associati se le misure assunte a livello nazionale o regionale per salvaguardare l’occupazione dei marittimi e del personale di terra siano state efficaci. Dal sondaggio risulta che per i settori dei traghetti, delle navi ro-pax, delle navi da crociera e delle car carrier le misure in atto forniscono un sostegno significativo a breve termine, ma non si adattano sufficientemente al settore marittimo. In particolare, è stato segnalato che le misure di sostegno si applicano solo a una parte della gente di mare, ad esempio perché la misura si applica solamente ai cittadini dello Stato che ha adottato la misura, e che le misure non consentono di recuperare integralmente la quota di salari che è stata perduta.
Infine l’indagine dell’associazione europea degli armatori fra i propri membri ha sottolineato che le misure messe a disposizione delle imprese per fare fronte ai problemi di liquidità non sono risultate utili alle shipping company. Circa la metà degli intervistati, infatti, ha affermato che non sono state assunte misure nazionali, regionali o locali a tale scopo e che laddove siano state assunte queste non sono applicabili al settore marittimo. Circa le misure proposte dagli istituti di credito per supportare i clienti con problemi di liquidità, solo una minoranza degli intervistati ha affermato che le misure siano efficaci, mentre è stato ampiamente evidenziato che, anche quando esistono misure di sostegno adottate dai governi, in pratica le banche non offrono queste opzioni o se le offrono le compagnie armatoriali non ne fanno uso. Questo perché gli oneri amministrativi e i costi da affrontare per ottenere sostegni alla liquidità superano i benefici ottenibili con queste misure.
Traendo le conclusioni della propria indagine, l’associazione degli armatori europei ha rilevato che in generale l’industria marittima europea non prevede un ritorno al livello di attività pre-crisi nel corso del 2020. In particolare, il 74% degli intervistati non prevede che la situazione possa iniziare a migliorare nelle prossime settimane, con un ritorno graduale a condizioni normali d’attività a partire da giugno. Per quanto riguarda l’occupazione: il 65% degli intervistati pensa di mantenere o di tornare allo stesso numero di marittimi precedentemente impiegati e il 56% di loro pensa che ciò accadrà anche per il personale di terra.
In termini di nuovi investimenti per limitare le emissioni inquinanti nell’aria da parte delle navi, il 26% dei rispondenti ritiene che tornerà ad agire come prima, il 30% sostiene che continuerà a investire in quella direzione ma meno di prima, mentre il 44% pensa che non sarà più possibile perseguire quell’obiettivo.
Interessante anche l’esito della domanda che riguarda il rinnovo delle flotte: solo l’11% delle aziende ritiene che dopo il Covid-19 tutto tonerà com’era pianificato prima dell’emergenza, il 37% ritiene che i nuovi progetti d’investimento subiranno un rallentamento mentre il 52% prevede che non si dedicherà al rinnovo della flotta dopo la pandemia.
LEGGI a questo link l’indagine completa condotta da Ecsa
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