Rischi e costi di trasporto: alcuni consigli utili di Pitto (Fedespedi) ai caricatori
Prospettive dei noli, trade compliance e sostenibilità sono alcuni dei temi al quale la merce deve porre attenzione mentre i prezzi delle spedizioni risultano ai livelli pre-pandemia (se non inferiori) in tutti i trade
Contributo a firma di Alessandro Pitto *
* presidente Fedespedi (Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali)
Ringrazio nuovamente il direttore e lo staff di Shipping Italy e Supply Chain Italy per aver organizzato con il Business Meeting “Container Italy: integrazioni verticali e cambiamenti epocali” un vivace momento di confronto fra domanda e offerta di servizi di trasporto, con un format inusuale e coinvolgente. Vorrei qui provare a declinare le informazioni di scenario che ci ha esaustivamente mostrato il Prof. Satta nella relazione introduttiva all’evento, in considerazioni pratiche per gli operatori che devono orientarsi sul mercato in questo momento, con l’intento di proseguire il dibattito aperto lunedì scorso e con la consapevolezza che ogni previsione nasce per essere smentita.
Non vi è dubbio che le attuali condizioni di mercato presentino occasioni più che favorevoli per condurre una politica di acquisto volta alla minimizzazione dei costi di trasporto; tuttavia, in considerazione della estrema volatilità non solo dei mercati, ma anche del contesto geopolitico in cui viviamo, consiglierei di affiancarla a una politica di riduzione del rischio. Rischio che, come abbiamo ben visto negli ultimi anni, può assumere forme diverse, previste o imprevedibili, rispetto alle quali occorre mettere in sicurezza la propria supply chain, pur mettendo in conto di farsi carico di oneri addizionali rispetto al passato.
Da queste basi, veniamo al primo punto, ovvero l’analisi delle prospettive del mercato dei noli.
Partiamo da un dato oggettivo: su tutte le principali rotte, oggi i noli si sono attestati sui livelli pre-pandemia, se non al di sotto. Sulla rotta Asia-Europa, ad esempio, si stimano valori del 28% più bassi dello stesso quarter del 2019. È ragionevole pensare che i noli possano scendere ancora? Tutto è possibile, ma è più probabile che rimangano mediamente attestati su questi livelli, oscillando fra GRI e successive riduzioni, per poi, al contrario, risalire. La domanda da porsi quindi non è tanto se i noli risaliranno, ma quando e in che misura lo faranno. Dovendo decidere come orientarsi, nella scelta fra contratti a lungo termine e quotazioni spot, personalmente avrei pochi dubbi sul mettere al sicuro buona parte dei volumi con contratti a lungo termine, estesi a tutto il 2024.
È vero che gli analisti ci dicono che domanda e offerta di stiva resteranno squilibrate fino al 2028, e il momento di maggior imbalance si registrerà proprio nel 2024. È però altrettanto vero che, già oggi, i carrier viaggiano in perdita e, sebbene si trovino in condizioni finanziarie assolutamente solide, grazie agli utili conseguiti nell’ultimo biennio, non è ragionevole aspettarsi che siano intenzionati a perdere denaro per i prossimi quattro anni, senza quanto meno provare ad attuare alcuna contromisura. Prova ne sono le azioni di contenimento della stiva introdotte dagli armatori con una certa rapidità: blank sailings, super slow steaming, messa in disarmo di parte della flotta. Fra la metà di novembre e la metà di dicembre, sui tre principali trade est-ovest sono state annunciate le cancellazioni di 53 partenze su un totale di 650 (8% di cancellation rate). Ad oggi, la idle fleet, ovvero la flotta posta in disarmo, annovera 315 navi per circa 1,18 milioni di TEUs (4,3% della flotta mondiale), in crescita dal dato di 271 navi di sole due settimane fa.
Dobbiamo considerare alcune altre variabili che potrebbero spingere i noli verso la risalita:
- Guardando agli USA, si registrano i primi i primi segni di ripresa dei consumi, dove gli stock di merce sono in progressivo calo;
- Sempre negli USA, a settembre 2024 scadrà il contratto lavoratori portuali della East e Gulf Coast; le negoziazioni per il rinnovo si sono già incagliate, per cui non si escludono scioperi che potrebbero minare l’operatività dei porti USA interessati, come già avvenuto nella West Coast;
- In Europa, da aprile 2024 cesserà l’attuale regolazione CBER (Consortia Block Exemption Regulation), con conseguenze tutte ancora da scoprire;
- Andrà valutato l’impatto delle sempre più stringenti normative ambientali, prima fra tutte l’estensione dell’ETS allo shipping, a partire dal 1° gennaio 2024, che potrebbero spingere verso un’accelerazione nelle demolizioni del naviglio più vecchio e inquinante (anche se fino ad oggi questo si è verificato in minima parte).
In effetti, considerati i livelli a cui sono arrivati oggi i noli, ulteriori opportunità di recuperare e creare valore per gli shippers devono essere ricercate necessariamente altrove.
Questo ci conduce direttamente a rispondere ad una seconda, cruciale, domanda che si pone ogni caricatore, ovvero: come scelgo e come valuto il mio provider di servizi logistici?
Senza dubbio, il costo è un driver importante nella scelta dei propri fornitori, ma è altrettanto chiaro che non può essere l’unico. Al contrario, la selezione e la valutazione del partner logistico devono poggiare sulla capacità di quest’ultimo di proporre servizi e soluzioni capaci di creare effettivamente valore per il cliente. Valore che può essere creato in molteplici ambiti: dalla negoziazione di noli e condizioni accessorie, alla proposta di soluzioni logistiche personalizzate, allo svolgimento di funzioni di control tower, alla consulenza in ambito doganale e, in senso più lato, di trade compliance. Il valore che si può creare in questi ambiti sarà tanto maggiore quanto più il rapporto fra shipper e provider evolverà in termini di partnership vera e propria, basata su presupposti di fiducia e trasparenza. Lo shipper deve dare fiducia al suo provider ed essere disponibile a condividere con lui le informazioni necessarie affinché questo possa elaborare una sua proposta di valore; simmetricamente, il provider deve essere altrettanto trasparente, competente e disposto a trasformare la propria vocazione di intermediario, in operatore logistico a tutti gli effetti, effettuando gli investimenti negli assets che si renderanno necessari.
Ma uno spedizioniere, oggi, non è chiamato solo a gestire al meglio le merci dei propri clienti, ma anche le informazioni che le accompagnano, sviluppando una capacità di analisi che lo metta in grado, a livello operativo, di prevedere dove e quando si potranno creare situazioni problematiche e, a livello strategico, proporre eventuali diverse configurazioni delle supply chain dei propri clienti. Nella narrativa comune, lo spedizioniere è visto come un risolutore di problemi; noi stessi andiamo giustamente orgogliosi di questa capacità di problem solving insita nel nostro DNA. Senza abdicare da questo ruolo, non dobbiamo però rinunciare all’ambizione di diventare sempre più un gestore di processi e non solo di eccezioni, trasformarci da architetti a ingegneri dei trasporti, in grado di disegnare, gestire, monitorare e misurare processi logistici articolati e complessi.
Non si può non svolgere un’ultima considerazione su due temi che diventeranno sempre più centrali nelle strategie dei caricatori: trade compliance e sostenibilità.
Il mondo del commercio internazionale negli ultimi tre anni è cambiato radicalmente; uno spedizioniere competente e professionale deve essere in grado di accompagnare i propri clienti in un contesto regolatorio estremamente articolato e complesso, in cui, accanto alle opportunità offerte dai 42 accordi di libero scambio stipulati dalla UE con 72 paesi, emergono sempre più numerosi i rischi connessi alle sempre più numerose misure restrittive del commercio internazionale (in aumento del 66% rispetto al periodo 2010/2019). Ricordo, solo a titolo di esempio, che un prodotto importato nella UE è potenzialmente interessato da 370 diversi provvedimenti di legge, che ormai attengono a normative più disparate, ispirate a finalità eterogenee, fra cui CBAM, Deforestation, Forced Labour, solo per citare le principali.
Misure che introducono appunto un ultimo, non certo per importanza, punto di discussione, ovvero il tema della sostenibilità. Tema su cui gli spedizionieri e tutti i logistics provider devono essere in grado di proporre non solo soluzioni di trasporto sempre più sostenibili, ma anche fornire una evidenza tangibile, documentabile e certificabile delle misure di riduzione dell’impatto ambientale. Su questo punto, tuttavia, è indispensabile che si consolidino e si sviluppino iniziative di sistema in grado di ottenere un reale impatto su tutta la catena logistica, che vada ben oltre le pur meritorie iniziative a livello aziendale. La supply chain del futuro dovrà essere sustainable by design, e gli spedizionieri dovranno dare il loro contributo nel concepirla e realizzarla.
Fedespedi è conscia della centralità dei temi toccati nel corso del Business Meeting di Shipping Italy e dunque degli effetti che lo scenario macroeconomico, i trend della globalizzazione e i nuovi standard normativi giocano per le dinamiche del commercio internazionale e per il ruolo dei freight forwarders. Come rappresentanza di categoria, questo ci richiama nel nostro lavoro quotidiano ad attivare strumenti che consentano alle imprese associate di affrontare queste sfide cogliendo l’opportunità di essere sempre di più – come prima evidenziato – gestori di processi e partner privilegiati della produzione. Per farlo crediamo che in ogni ambito occorra, innanzitutto, avere uno sguardo attento e approfondito sulla realtà.
A supporto di questa convinzione, è un esempio l’attività del Centro Studi Fedespedi che a cadenza quadrimestrale pubblica il Fedespedi Economic Outlook, un report che elabora dati ufficiali dei principali enti internazionali, europei, nazionali (World Bank, FMI, OCSE, ISTAT) per rappresentare un quadro sintetico, ma completo, dell’andamento dello scenario economico internazionale, del commercio e dei principali trades mondiali, con focus geografici e approfondimenti sulle industrie dello shipping e del cargo aereo.
Il Centro Studi Fedespedi pubblica anche ogni anno due apprezzate Analisi Economico-Finanziarie dedicate ai risultati delle Compagnie di Navigazione e dei Terminal Operators, che insieme forniscono una interessante fotografia dell’andamento congiunturale del settore.
Sul fronte della trade compliance, la Federazione e in particolare il Customs & Tax Advisory Body ha consolidato la propria offerta formativa e di supporto tecnico alle imprese tramite il servizio di sportello di assistenza legale, l’organizzazione di seminari e webinar di approfondimento e il Corso per Responsabili delle Questioni Doganali. In 7 edizioni il Corso ha garantito il conseguimento della qualifica professionale valida ai fini dell’ottenimento dell’AEO a oltre 200 corsisti che ogni biennio sono invitati a seguire un Corso di Aggiornamento dedicato proprio alle materie – come quello della trade compliance – che evolvono al mutare degli scenari geopolitici. Allo stesso modo, il dossier sostenibilità ha visto nell’ultimo triennio una straordinaria accelerazione nel quadro delle politiche europee del “Fit for 55 Package” con cui l’Unione Europea mira a diventare il primo continente a zero emissioni e che tocca particolarmente da vicino il settore dei trasporti e della logistica. Su questo mi fa particolare piacere richiamare il lavoro portato avanti dalla nostra rappresentanza giovanile, Fedespedi Giovani, di sensibilizzazione della categoria rispetto all’obiettivo di transizione green.
Questa attività ha portato nel 2023 alla realizzazione di un Progetto di ricerca con il Green Transition Hub (il centro di ricerca specializzato sulla transizione green del settore logistico dell’Università LIUC Carlo Cattaneo) i cui risultati saranno presentati nel Convegno “Sostenibilità: un impegno condiviso” che si terrà a Milano il 30 novembre. Il progetto di ricerca è stato finalizzato all’individuazione di un set indicatori di misurazione delle performance ambientali derivanti dall’attività delle imprese di spedizioni nella consapevolezza ancora una volta avere uno sguardo scientifico sulla realtà – misurare e rendicontare l’impatto ambientale della propria attività, in questo caso – sia il primo passo per adottare strategie green di riduzione e compensazione dell’impatto ambientale. Per farlo, ed è questo l’ultimo aspetto che mi preme evidenziare, abbiamo coinvolto direttamente 13 aziende associate che hanno lavorato insieme al team dell’Università e al Centro Studi Fedespedi, portando la propria esperienza anche nella relazione con clienti caricatori a beneficio di tutta la platea di imprese associate. Questa capacità di concretezza credo sia la forza della federazione e delle imprese associate che ne sono il cuore pulsante, alle quali intendiamo fornire strumenti adeguati a leggere, interpretare e adattarsi a un mondo in continua evoluzione.
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