Quanto e quale import italiano è più colpito dallo stop alla navigazione in Mar Rosso
Secondo l’analisi della Banca d’Italia l’industria tessile è uno dei comparti più colpiti mentre solo il 7% delle merci in uscita dall’Italia transita nello stretto di Bab el-Mandeb
Gli attacchi al trasporto marittimo in Mar Rosso rappresentano un serio rischio per le importazioni italiane e la filiera del tessile e della moda è il settore più colpito.
A lanciare l’allarme è la Banca d’Italia nel proprio Bollettino economico di gennaio dove si sottolinea come il trasporto navale che transita per il canale di Suez vale quasi il 16% delle importazioni italiane di beni in valore. Su quella rotta transita una larga parte degli acquisti di beni dalla Cina (secondo mercato di approvvigionamento del nostro paese dopo la Germania), dalle altre economie dell’Asia orientale e dai paesi del Golfo Persico esportatori di materie prime energetiche. Vi passa poi un terzo delle importazioni italiane nella filiera della moda.
“A seguito delle ostilità tra Israele e Hamas – si legge nel Bollettino di Bankitalia – a partire dalla seconda metà dello scorso novembre le milizie Huthi, che controllano una parte dello Yemen, hanno attaccato alcune navi mercantili nello stretto di Bab el-Mandeb, all’imbocco del Mar Rosso. Per questo passaggio, situato sulla direttrice che collega il Canale di Suez e l’Oceano Indiano, transita circa il 12 per cento del commercio mondiale. I rischi crescenti per l’incolumità degli equipaggi e per la sicurezza del carico hanno progressivamente spinto le principali compagnie di trasporti a dirottare il traffico navale sulla rotta più lunga che circumnaviga il continente africano. Nella seconda metà di dicembre del 2023 i volumi in transito nello stretto risultavano inferiori di quasi il 40 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.
Secondo le stime della Banca d’Italia basate su dati relativi al 2022, “il trasporto navale attraverso il Mar Rosso riguarda quasi il 16 per cento delle importazioni italiane di beni in valore. Su questa rotta transita una larga parte degli acquisti di beni dalla Cina (secondo mercato di approvvigionamento del nostro paese dopo la Germania), dalle altre economie dell’Asia orientale e dai paesi del Golfo Persico esportatori di materie prime energetiche. Un terzo delle importazioni italiane nella filiera della moda arriva attraverso il Mar Rosso; l’incidenza è elevata anche per le importazioni di petrolio greggio e raffinato e per quelle di prodotti metalmeccanici, che costituiscono quasi il 30 per cento degli acquisti dall’estero del Paese”.
Nello stesso Bolettino si sottolinea invece che “la rilevanza di tale rotta per le esportazioni è invece sensibilmente più bassa: vi transita circa il 7 per cento delle merci in uscita dall’Italia”.
L’analisi conclude evidenziado che, “se il rischio di attacchi alle navi mercantili rimanesse alto anche nei primi mesi del 2024, la necessità di seguire rotte alternative si tradurrebbe in un allungamento dei tempi di consegna per le merci importate via mare dall’Asia (con conseguenti ripercussioni sulle catene di produzione) e in un ulteriore aumento dei noli marittimi. Per quanto riguarda questi ultimi, a metà gennaio l’indicatore composito world container index elaborato da Drewry era più che raddoppiato rispetto a novembre, pur restando di poco superiore alla metà della media eccezionalmente elevata del biennio 2021-22”.
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