Leonardo Acciarri, l’italiano che disegna per i nordeuropei le navi da impiegare nell’eolico offshore
Navi da lavoro, rimorchiatori e il futuro della cantieristica italiana al centro di questa intervista con il fondatore di Ship Projects Engineering & Contracting e storico direttore tecnico del cantiere viareggino Sec – Società Esercizio Cantieri
L’ingegner Leonardo Acciarri è fondatore e amministratore delegato della Ship Projects Engineering & Contracting di Viareggio che si occupa di progettazione per navi commerciali e yacht ed è stato per molti anni direttore tecnico della Sec – Società Esercizio Cantieri SpA.
In questa intervista con SHIPPING ITALY parla del suo lavoro, oggi concentrato nelle innovazioni dedicate a grandi progetti per l’estero.
Ingegner Acciarri, qual è oggi il core business di Ship Projects Engineering & Contracting?
“Fra i miei progetti ci sono quelli dedicati al WindFarms, cioè alle navi a servizio dei campi eolici, che trasportano passeggeri, tecnici in particolare, alle piattaforme offshore nel Nord Europa, posizionate a 60-70 miglia dalla costa, in mari spesso agitati se non tempestosi. Già nel 2009 iniziai a creare progetti di mezzi innovativi, non convenzionali, che permettevano di navigare in questi mari ‘senza soffrire: per la prima volta sdraiati su un letto e subendo moti accettabili, non più simili a quelli di un rimorchiatore. Proposi i progetti a varie importanti aziende danesi, fra cui la Siemens Wind Power e Vestas: aziende che potevano firmare il contratto solo dopo avere visto il mezzo già costruito da un armatore. Un capo della Siemens decise di trasgredire ordinando due piccoli mezzi – una combinazione tra catamarano e swath in fibra di carbonio – a un armatore norvegese senza rispettare questa regola, fu licenziato per questo e andò a lavorare per Danish Yacht che costruì questi mezzi in Danimarca e mi invitò alle prove in mare. I miei progetti vanno dal semplice trasporto di tecnici da terra fino alle torri eoliche, ai sollevamenti per la sostituzione pale e manutenzione rotori. Non sono molto veloci ma, essendo swath, sono comodi e sono dotati di posizionamento dinamico.”
Quale motivo la spinse a occuparsi di questo tipo di mercato?
“Un amico inglese mi coinvolse in progetti di navi Green dove fui scelto come architetto / ingegnere navale per presentare nuovi progetti. Elaborai in due anni il progetto della nave gru Ocean Lift con la Zhenhua Port Machinery Company di Shanghai – nota costruttrice nel mondo di gru e mezzi offshore specializzata nei Jackup: era una monocarena di circa 190 metri dotata di sette gambe Jackup in grado di autosollevarsi, con un peso proprio di 35.000 tonnellate e di due gru poppiere ciascuna di 4.000 tonnellate di portata.
Il progetto comportava l’investimento di almeno 300 milioni di euro. Nonostante il grande interesse dimostrato da tutti, nessuno riuscì a sradicare il problema del ritorno economico annuale richiesto dai fondi investitori al cantiere (il progetto per essere portato a termine richiedeva 3 anni di lavoro) e quindi il progetto è rimasto lì, per anni, come uno dei migliori e mai realizzati.
E’ da lì che mi sono orientato verso queste navi per impiantare le torri eoliche e rimuovere piattaforme obsolete; era il 2010, molte piattaforme avevano compiuto il loro ciclo per i pozzi ormai esauriti e il budget stimato per questa attività era dai 550 ai 700 miliardi di dollari. Nel 2015 fui chiamato dall’olandese Oos International come project manager iniziale per una piattaforma semi sommergibile con due corpi, 8 colonne e 3 ponti che venne poi costruita in Cina con un budget di 320 milioni di euro e che è tuttora funzionante. Purtroppo in Italia non c’è nessuna attività di questo tipo, Saipem a parte, che nell’insieme delle sue attività porta avanti anche questa. Scrivere una specifica di quel tipo, poi diventata costruttiva, è stata comunque un’esperienza importante dal punto di vista professionale.”
Il suo lavoro di progettazione è svolto perlopiù per l’estero; perché?
“L’80/90% dei miei progetti è rivolto a cantieri esteri non europei perché negli ultimi anni i cantieri italiani/europei, mancando di aiuti governativi, non sono competitivi; inoltre gli armatori europei si sono fermati, impauriti dal fatto che le normative pretendono in anticipo decisioni sulle tecnologie che al momento la tecnologia non è in grado di assicurare.
All’estero i più interessati al mercato dell’innovazione sono gli armatori nordici, norvegesi in particolare, che si alleano fra di loro per investire su questi mezzi. In Italia invece gli armatori non si alleano, al contrario, e quindi investono poco e in piccole cose sul mercato tradizionale. E questo lo vediamo anche nel mercato dei rimorchiatori.”
Il mercato dei rimorchiatori comporta grandi investimenti e potrebbe essere effettivamente affrontato meglio dall’unione di un gruppo di aziende del settore?
“Si, ma non è facile. In Italia non facciamo squadra. Ho avuto l’opportunità di fare un progetto di rimorchiatore innovativo per un armatore italiano che ha brevettato la sua idea che poi abbiamo costruito in Cina. Nel 2015 lo abbiamo portato in Italia, da Rosetti Marino, per farlo vedere a tutto il nostro armamento e anche a spagnoli e danesi, riscuotendo totale apprezzamento. Ma alla fine quel mezzo, che doveva essere il prototipo di una serie, per la questione del costo non ha trovato un contratto di nuova costruzione.”
Quali caratteristiche ha in particolare questo suo progetto di rimorchiatore?
“Il mezzo si chiama Giano e come il dio mitologico romano che aveva doppia faccia, una davanti e una dietro, ha un thruster a poppa e uno a prora e quindi contrariamente agli Ast astern thruster non ha la spinta solo a poppa, ma sia a poppa e sia a prora e questo gli consente di muoversi trasversalmente e longitudinalmente. La novità è proprio questa. Può spingere e tirare sia trasversalmente che longitudinalmente. L’armatore lo ha portato a Dublino dove arrivano le navi di Amazon, gestite da Stena, che, avendo riscontrato con Giano un funzionamento da escort pur potendo scegliere, vuole unicamente lui. Giano, appoggiandosi alla nave, grazie alla sua notevole stabilità, riesce tranquillamente a farla entrare in porto nonostante il vento che è sempre fra i 30-40 nodi.”
Giano è stato costruito dal 2015 ed è tuttora attuale, anche dal lato sostenibilità?
“Attualmente stiamo intervenendo per trasformarlo in ibrido tramite batterie al litio per gli spostamenti dalla zona di ormeggio alla zona operativa. Abbiamo già ordinato due piccoli thrusters da mettere a fianco del thruster di poppa. A questo punto Giano, che già performa molto bene, una volta ibrido sarà anche ecologicamente sostenibile. Sarà pronto il prossimo anno.”
Entrare nel mercato internazionale dei rimorchiatori come progettista è possibile?
“Nel settore dei rimorchiatori un progettista canadese domina il mercato: è Robert Allen, che firma il 90% dei rimorchiatori portuali e non, di piccole e medie dimensioni. Tutti i cantieri si affidano direttamente a Robert Allen che, per la sua fama, è una garanzia commerciale di vendita.”
Da chi sono progettati i rimorchiatori che operano in Italia?
“Tutti i progetti più recenti sono di Robert Allen o di Damen Marine. Fra noi professionisti italiani, che io sappia, nessuno è riuscito a piazzare progetti di rimorchiatori in serie.”
Su quali altri fronti sta progettando?
“Sto lavorando a diversi progetti. Su quello, in evoluzione, dei catamarani swath per l’eolico in mare, in quanto alla richiesta di maggiore comodità nella navigazione ora si è aggiunta anche quella di una maggiore velocità. Questo catamarano, con una carena particolare, è progettato per avere (come swath) moti relativi molto ridotti con qualsiasi mare e può navigare velocemente come catamarano. Il progetto è già in attesa di brevetto. Ma il mio core business dalle origini ad oggi sono le chemical tankers: come ex direttore tecnico di Sec ho costruito circa 30 petrolchimiche in acciaio inox speciale. Poi nel 2000 ho cominciato per mio conto questa attività di progettazione e ho progettato petrolchimiche per l’armamento italiano come per la Marittima Emiliana, per Marnavi, per Novella, ma anche per armatori esteri (dal prossimo mese sono in un tender con un cantiere cinese per il progetto di due tankers da 40.000 Ton per il Perù).
Anticipo inoltre che sto progettando due nuove petrolchimiche (una da 6.000 m3 ed una da 15.000 m3) con propulsione a zero emissioni, utilizzando celle combustibile di primaria marca internazionale, a bassa temperatura (per la 6.000 m3) e alta temperatura per la 15.000 m3, la prima alimentata da idrogeno gassoso, la seconda da Lng o biogas liquido da decarbonizzare a bordo.”
Ritiene che l’industry riuscirà a essere pronta nella propulsione delle navi commerciali del prossimo futuro?
“Purtroppo ad oggi non esiste una tecnologia in grado di prepararci a queste scadenze e ci sono 170.000 navi in giro per il mondo a tecnologia desueta. Ci sono idee e proposte, ma non una tecnologia affermata su cui le leggi possono essere applicate. Si sarebbe dovuto fare il contrario: prima inquadrare la tecnologia possibile e poi emanare le leggi. Il futuro va verso l’idrogeno – con l’elettrico nel periodo intermedio – ma intanto non si sciolgono gli interrogativi su come produrlo senza incorrere in troppi oneri, né su come trasportarlo a bordo delle navi.”
Rischiamo seriamente di perdere i contributi del Pnrr?
“In Italia c’è stata la possibilità di avere i contributi con il Pnrr, ma non tutti li stanno utilizzando perché non esiste la certezza di ottenerli, al contrario; ricordo che nell’85, da direttore tecnico della Sec, elaboravo i preventivi e le pratiche per richiedere i contributi per gli armatori con la formula del pro-soluto. Ora vige la formula del pro-solvendo che, logicamente, non può soddisfare un armatore che chiede certezze all’inizio dell’investimento.
Per riprendere davvero l’attività dei cantieri in Italia la quota del contributo dovrebbe essere garantita, magari dalla Cassa Depositi e Prestiti. A quel punto anche i pochi cantieri che oggi sembrano scomparsi verrebbero fuori.”
Un sogno pensare di tornare a realizzare certe navi in Italia?
“Non tutto è possibile: già 30 anni fa con la Sec avevamo contratti con contributi dal ministero per sei navi nel cantiere di Viareggio, ma per l’allestimento non avevamo gli spazi così portammo gli scafi a Livorno per non subire il costo di investimenti che avremmo dovuto poi far ricadere sui clienti di quelle navi. Questo per dire che è importante non far aumentare i prezzi e creare le giuste condizioni con un mix di carpenteria a costi bassi in certi paesi extraeuropei e, per il resto, con la gestione e tutte le operazioni di allestimento in Italia. E’ quanto già da anni fanno i cantieri norvegesi con quelli rumeni.”
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