Sostenibilità e loan to value ridotti: la nuova rotta del credito bancario allo shipping in Italia
Armatori, cantieri, fondi e banche a confronto in una tavola rotonda sulla finanza organizzata nel Business Meeting “Mare, Finanza e Assicurazioni”
Genova – Armamento e credito bancario sono tornati a collaborare con reciproca soddisfazione dopo anni di ristrutturazioni finanziarie e di cessioni di crediti non performing; il futuro dello ship finance passa dalla sostenibilità e da leve finanziarie più contenute rispettoal passato. “Se la banca è patient, nel nostro settore l’investimento lo recupera. Magari in un ciclo più lungo anche di 3-4 anni rispetto al previsto e magari con clausole di earn out o simili, anche se mi rendo conto sia più un mestiere da private debt che non da banca”. È in queste parole di Stefano Messina, Vicepresidente di Ignazio Messina & C., che si ritrova il cuore del panel dedicato a ‘Finanza – Blue economy, fondi e mercato dei capitali’ tenutosi nell’ambito del Business Meeting “Mare, finanza e assicurazioni” organizzato a Genova da SHIPPING ITALY in collaborazione con SUPER YACHT 24.
L’armatore, che è anche presidente di Assarmatori, ha spiegato infatti che “nello shipping la previsione dei costi è relativamente facile. Il difficile è definire i flussi pluriennali di cassa in entrata: ce ne stiamo rendendo conto anche ora nel preparare alcuni investimenti nell’ammodernamento della flotta e nell’equipment da integrare al nostro recente passaggio a navi full container. Senza certo sottovalutare le sfide di sostenibilità e transizione: dall’ottobre 2021. approvazione del Green Deal, sembrano passati 15 anni, quello che sei mesi prima sembrava fuffa ora è regola in continuo aggiornamento”.
Il riferimento era in particolare all’articolato sistema dei green loan illustrato da Furio Samela, Partner di Watson Farley & Williams e riassunto in estrema sintesi da Enrico Fagioli Marzocchi, Head of SME – illimity bank: “Se prima ci si basava su parametri strettamente economici nel giudicare la fattibilità di un investimento, oggi la sostenibilità ambientale di un progetto è un fattore da soppesare non diversamente. Non solo per le banche ma anche per i fondi di private debt”.
Verso i quali un altro imprenditore e armatore come Augusto Cosulich continua a dirsi “diffidente: perché dovrei associarmi con chi vuole solo speculare sul mio lavoro? Poi ci sono fondi e fondi ed è vero che le banche scontano problemi di lentezza e compliance esagerata. Ma continuo a prediligerne l’approccio anche oggi che stiamo valutando 3-4 acquisizioni e la realizzazione di un sito di produzione di metanolo verde”.
Investimento non casuale: il rapporto di armatori, banchieri e professionisti coi carburanti alternativi e con gli investimenti al riguardo ha informato buona parte degli interventi della mattinata, fra cui quello di Andrea Faraggiana, Direttore generale – Smart Capital, e di Francesco Fuselli, Amministratore delegato di banchero costa, che, esaminando l’orderbook mondiale, ha evidenziato il prevalere tutt’ora di carburanti tradizionali e constatato come gli investimenti ad alto tasso di capitale, quali quelli in progetti innovativi, poggiano su “mercati extraeuropei poco accessibili alle nostre latitudini e per dimensioni aziendali non enormi”.
Che, tuttavia, dopo la crisi del 2008 (“e – ha ricordato Fagioli – i 3 miliardi di crediti shipping impattati e causa di lunghe ristrutturazioni”) ci sia una nuova vivacità nella relazione fra mare e finanza lo hanno testimoniato anche da un lato Attilio Bruzzese, Chief financial officer di Sanlorenzo, e Alberto Macciò di Bper Banca. Il primo ha parlato di un “riavvicinamento, dovuto anche ad un approfondimento della conoscenza del settore e dei suoi progressi proprio sul fronte della sostenibilità”, il secondo ha illustrato la creazione da parte della banca del Blue economy desk e rivendicato di “aver sostenuto, fra i pochi, progetti di logistica Gnl quando in pochi ci si avventuravano”.
A metà strada fra armatori e banchieri l’esperienza di Vsl Bulkers, con cui – ha raccontato Angelo D’Amato, Amministratore delegato di Perseveranza di Navigazione – “siamo tornati all’armamento diretto dopo la crisi del 2008 con un investimento in una nave non giovane, ma di qualità, che abbiamo valutato però garantirci ritorni migliori. La tecnologia per le zero emissioni, infatti, oggi non c’è e l’industria non è pronta, ci penserei molto prima di investire in nuove tecnologie, gnl compreso, soprattutto se in ottica tramp”.
A fargli eco e a chiudere il panel, l’amico e socio nel progetto – “che vedrà presto altre iniziative – Fabrizio Vettosi, managing director di Vsl Club. “Se lo guardiamo dal punto di vista del tonnellaggio, l’orderbook conta il 60% di navi alimentate con alternative fuels. Ma il grosso è a gnl, che quanto a riduzione di emissioni di CO2 lascia molto a desiderare” ha evidenziato Vettosi, che guida anche il gruppo shipping finance dell’European Community Shipowners Association (Ecsa) e che con questo cappello ha sottolineato l’incompleta compatibilità del gnl con la tassonomia. Che – ha chiuso il manager con frecciata ai Poseidon Principles – rappresenta e rappresenterà “l’unico criterio che i finanziatori europei devono seguire per individuare investimenti green”.
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