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Shipping e crediti incagliati: le critiche di Vettosi a banche e fondi
Fabrizio Vettosi, managing director di Venice Shipping & Logistics e promotore del nuovo Vsl Club, un club deal specializzato in shipping e trasporti, dalle colonne (digitali) di BeBeez è tornato a parlare di banche, società armatoriali e crediti incagliati. Sotto la lente dell’esperto analista e conoscitore del mercato dello ship finance è finita la strategia […]
Fabrizio Vettosi, managing director di Venice Shipping & Logistics e promotore del nuovo Vsl Club, un club deal specializzato in shipping e trasporti, dalle colonne (digitali) di BeBeez è tornato a parlare di banche, società armatoriali e crediti incagliati.
Sotto la lente dell’esperto analista e conoscitore del mercato dello ship finance è finita la strategia impostata dalle banche per gestire la rilevante mole di crediti deteriorati accumulatasi sia per effetto della crisi finanziaria seguita al 2008 sia per l’andamento del comparto. Secondo Vettosi una riflessione può “essere d’aiuto in vista della attesa nuova ondata di UTPs (crediti classificati unlikley to pay, ndr) che dovrebbe generarsi per effetto della crisi Covid-19 e che, a maggior ragione, trattandosi di evento straordinario e, si auspica, non ripetibile, richiede particolare cura e competenza nel gestire i rapporti di credito con le imprese colpite”.
“Fino a oggi ci si è preoccupati più di dove allocare gli UTPs piuttosto che di come gestirli” sostiene il numero uno di Vsl, precisando che “il termine ‘smaltimento’ ben sintetizza l’ansia di estrarre questa componente dal bilancio delle banche, quasi fosse l’elemento centrale nonché causa delle cattive performance, salvo poi rendersi conto che il punto focale per le banche non è di natura patrimoniale bensì reddituale: le banche, infatti, hanno ancora una forte rigidità dei costi e fanno fatica a reingegnerizzare i propri modelli di business che dipendono molto dalla formazione del proprio personale”.
Secondo Vettosi “le banche molto spesso, pressate dall’ansia del giudizio del mercato (che giudica su metriche sbagliate) o della Vigilanza (la quale continua a prestare ancora troppa attenzione al patrimonio dei vigilati piuttosto che alla redditività), hanno preferito soluzioni definibili ‘comode’, tra i quali spicca la cessione dei crediti con (a volte malcelate) forme di securitizzazione in cambio di titoli ricchi (solo) di tante speranze. Ed è questo il caso dello shipping in Italia”.
Ricordando la definizione di fondo di turnaorund (“un investitore istituzionale con profonde competenze industriali verticali, semmai specializzato, capace di recuperare i valori embedded nelle imprese in crisi, facilitando il processo di ristrutturazione e assicurando le risorse finanziarie necessarie a traguardarle verso nuovi obiettivi”), secondo Vettosi “nell’industria dello shipping, non mi sembra che siamo di fronte a soggetti attivi in queste forme, ma piuttosto che operano con logiche più simili ad altre due categorie di soggetti, ovvero: 1) gli operatori su distressed asset e 2) i servicer”.
Questa seconda categoria professionale secondo l’esperto analista “non assicura né competenze specifiche superiori a quelle già in essere nelle stesse imprese né, soprattutto, rischia capitali nel processo di ristrutturazione svolgendo il ruolo di ‘ordinati liquidatori’ di asset. Ovviamente – aggiunge – le banche, nei momenti di grande pressione da parte della Vigilanza, hanno beneficiato della ‘permutazione’ dei loro crediti in questi titoli ‘securitizzati’ in cui sono contenute aspettative di recupero assolutamente insostenibili, e quindi molte speranze, ben sapendo (non sempre) che dalla semplice applicazione dei metodi di classificazione imposti dalla CRR (Capital Requirements Rules), ergo Basilea 3.5, il conto finale risulta essere molto più salato a fine corsa rispetto alla semplice vendita su basi cash della posizione, o meglio ancora attraverso una gestione diretta del credito anomalo opportunamente selezionato”.
Vettosi sostiene che al momento in Italia, nel settore shipping, le banche non abbiano generato consistenti recuperi, superiori a ciò che avrebbero potuto fare autonomamente “senza sostenere inutili costi e lunghi processi che hanno ulteriormente stressato le proprie organizzazioni, nonché contribuito anche alla dispersione delle competenze interne di molte aziende debitrici con costi impliciti ben più alti di quelli visibili. Alcune banche – ha aggiunto – che hanno dato luogo a questo processo di scambio paper for paper hanno persino gioito inizialmente per un puro effetto cambio dollaro/euro, non rendendosi conto, infatti, che le garanzie sottostanti sono rappresentate da asset denominati in dollari e che l’inception di questi strumenti è avvenuto quando il dollaro era debole salvo poi rafforzarsi. Vedremo quest’anno come saranno controvalutati i rispettivi strumenti nei bilanci delle banche”.
Auspicando maggiore trasparenza sull’esito della gestione di tali processi e dei relativi risultati, il direttore di Venice Shipping & Logistics conclude dicendo: “Non ci resta che attendere i risultati di tali scelte: se i recuperi saranno consistenti e in linea con le promesse, vorrà dire che ho errato nelle mie considerazioni. Alternativamente le banche trarranno spunto per il futuro, optando per soluzioni diverse e più convenienti”.
Leggi l’intervento integrale di Vettosi su BeBeez