Nuova diga di Genova: l’analisi costi benefici si è “scordata” i terminal container di Prà e Vado Ligure
A proposito della nuova diga foranea del porto di Genova, opera per la quale ha appena preso il via il dibattito pubblico, nel Dossier di progetto che è stato reso disponibile per la consultazioneo, c’è un aspetto che balza subito all’occhio (quantomeno a quello di chi scrive) ed è la totale ignoranza dei moderni terminal […]
A proposito della nuova diga foranea del porto di Genova, opera per la quale ha appena preso il via il dibattito pubblico, nel Dossier di progetto che è stato reso disponibile per la consultazioneo, c’è un aspetto che balza subito all’occhio (quantomeno a quello di chi scrive) ed è la totale ignoranza dei moderni terminal container esistenti di Vado Ligure (Vado Gateway) e di Prà (Psa Genova Prà). Non vengono mai richiamati o presi in considerazione nell’analisi costi benefici dell’opera e, anzi, per arrivare a sostenere che senza la nuova diga il porto di Genova (Sampierdarena) finirebbe fra non molti anni fuori mercato, viene volutamente escluso il contributo, in termini di capacità portuale, che le banchine di Prà, ma anche quelle di Vado, garantiscono. Contributo che pure esiste ed è costato molti soldi pubblici oltre che esternalità negative. Eppure l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, come ricorda lo stesso logo che la identifica sotto il nome ‘Ports of Genoa”, è composta dai porti di Genova, Prà, Savona e Vado Ligure.
Sostenere, come si legge nel Dossier, che senza il trasferimento e la realizzazione della nuova diga già dai prossimi anni si realizzerebbe (nello scenario più pessimistico ma secondo gli autori dell’indagine anche realistico) “un’involuzione graduale che rischierebbe di marginalizzare il porto di Genova riducendone i traffici alla stregua di un porto regionale, con un ruolo minore nel traffico del Mediterraneo” appare quantomeno ingeneroso se si considerano appunto i terminal container di Prà e di Vado Ligure che del sistema portuale genovese rappresentano parte integrante. E’ vero, come si legge, “che i bacini di Sampierdarena non riescono a dare sviluppo ai traffici fuori dal Mediterraneo a causa della limitazione sulle navi che possono essere accolte (al massimo di 300 metri di lunghezza)” ma è anche vero che proprio per questa ragione le navi oltre i 300 metri attraccano regolarmente al Psa Genova Prà e a Vado Gateway (l’ex piattaforma Maersk, va ricordato, è nata dopo il rifiuto a un ‘porto di Voltri 2’ da parte dei comitati locali).
Così come è vero che “la valutazione delle potenzialità di crescita dei terminali contenitori del bacino di Sampierdarena e del Porto Antico hanno fornito uno scenario di crescita che prevede una forte discontinuità con la costruzione della nuova diga, che può considerarsi un interruttore ‘on/off’ dell’economia portuale”, ma questa considerazione si applica solo al porto storico del capoluogo ligure e peraltro solo al traffico container (che vale il 37% del totale di tonnellate imbarcate e sbarcate). Traghetti, merci varie, crociere, cantieristica navale, nautica, ro-ro e rinfuse liquide e solide continuerebbero a esistere.
La nuova diga del porto, è scritto ancora nel Dossier di progetto, interessa prevalentemente (o forse sarebbe meglio dire quasi esclusivamente) il Terminal Bettolo di Msc e il Genoa Port Terminal di Spinelli. “Si rendono – si legge – necessari interventi di ampliamento dei bacini interni davanti alle darsene di Sampierdarena, che implicano lo spostamento della diga foranea di protezione su fondali maggiori, con un’urgenza dettata dalla entrata in esercizio del nuovo terminale di Calata Bettolo destinato ad accogliere navi portacontenitori fino a 24.000 Teu di capacità e lunghezza di 400 metri”.
A questo proposito, nel paragrafo dedicato ai vincoli imposti dal vicino aeroporto, il raggruppamento di imprese guidato da Technital che ha condotto l’analisi di prefattibilità tecnica ed economica spiega che, al fine di evitare rischi alla sicurezza del traffico aereo (la superficie di decollo caratterizzato da quote inferiori a 60 meri interessa il bacino di Sampierdarena dall’estremità di ponente fino alla darsena di Calata Massaua) si è previsto che navi portacontenitori di capacità fino a 10-12.000 Teu, con altezze che raggiungono i 55 metri e lunghezze di 330, possano manovrare e accostare non oltre Calata Massaua verso ponente (appunto fino al Genoa Port Terminal di Spinelli). “Oltre tale darsena queste navi causerebbero interferenza con la superficie di decollo, anche in considerazione dell’altezza aggiuntiva necessaria alle gru per garantire la movimentazione delle merci in banchina”. Il documento aggiunge poi che “Per la fase b) dell’intervento per cui è previsto che le grandi navi portacontenitori di capacità 24.000 Teu e altezza di 60 metri possano raggiungere anche i terminali posti più a ponente, dovranno essere stabiliti e approvati nuovi vincoli aeroportuali da parte delle Autorità aeroportuali competenti”. Cosa impossibile a meno che non si sposti la pista dell’aeroporto.
Quasi nessun cenno, inoltre, viene fatto all’utilità della nuova diga per le navi da crociera di ultima generazione che pare abbiano già raggiunto una lunghezza massima (i nuovi progetti riguardano navi più larghe ma meno lunghe di 400 metri) e che già oggi riescono comunque a raggiungere le banchine di Ponte dei Mille sfruttando il bacino d’evoluzione esistente all’imboccatura di Levante di diametro pari a 550 metri.
A proposito infine delle tre alternative prospettate per lo spostamento della diga, non solo la Capitaneria di porto ma anche i servizi tecnico-nautici (in particolare i piloti) hanno espresso la loro preferenza per l’ipotesi di apertura di una nuova imboccatura a Levante con possibilità di transito per i traghetti e le navi da crociera da entrambe le vie d’accesso che sarebbero disponibili.
Riassumendo i risultati delle verifiche e del confronto sulle soluzioni alternative il Dossier di progetto dice: “La soluzione 2 ha effetti negativi sulla funzione diportistica a levante e sul suo potenziale sviluppo, mentre le soluzioni 3 e 4 hanno effetti positivi su questo aspetto. Per la soluzione 4 l’imbarco del pilota sulla nave, secondo quanto raccomandato dai servizi nautici ai fini della sicurezza dell’operazione, deve avvenire a levante e questo comporta, per la soluzione 4, costi aggiuntivi di pilotaggio rispetto alle soluzioni 2 e 3. Anche se le prove con il simulatore di navigazione hanno dimostrato che le manovre possono avvenire in sicurezza con tutte e tre le soluzioni, la Capitaneria di porto e i servizi nautici del porto di Genova, in base alla loro significativa esperienza, hanno espresso una preferenza per la soluzione 3, ritenendo che possa offrire margini aggiuntivi di sicurezza rispetto alle altre soluzioni alternative”.
A questo punto non rimane che stabilire se valga la pena o meno investire come minimo 750 milioni di euro pubblici (o al massimo 1,3 miliardi) su un’opera che consentirà a Terminal Bettolo di accogliere navi da 20.000 Teu, al pari dei vicini terminal di Psa a Prà, di Vado Gateway, del La Spezia Container Terminal (se sarà effettuato l’ampliamento previsto dalla concessione) e tra qualche anno della Piattaforma Europa di Livorno (se e quando verrà realizzata).
Questa prima esperienza di dibattito pubblico voluta dal porto di Genova servirà proprio a questo (anche se una decisione è già stata presa, come dimostrano i 500 milioni di euro stanziati per la diga dal Governo e inseriti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Nicola Capuzzo
Leggi il Dossier di progetto – Diga foranea del porto di Genova
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