Ristrutturazione finanziaria di Moby: presentato un esposto alla Procura di Milano
La ristrutturazione finanziaria di Moby finisce in Procura a Milano. Secondo quanto risulta a SHIPPING ITALY la famiglia Onorato avrebbe infatti depositato un esposto al Tribunale di Milano nei confronti di Antonello Di Meo (Senior Distressed Debt Analyst per il fondo Sound Point Capital) con l’accusa di insider trading e estorsione. Secondo gli armatori di […]
La ristrutturazione finanziaria di Moby finisce in Procura a Milano.
Secondo quanto risulta a SHIPPING ITALY la famiglia Onorato avrebbe infatti depositato un esposto al Tribunale di Milano nei confronti di Antonello Di Meo (Senior Distressed Debt Analyst per il fondo Sound Point Capital) con l’accusa di insider trading e estorsione. Secondo gli armatori di Moby, Di Meo, indirizzando alcuni fondi che hanno comprato a prezzi fortemente scontato i bond emessi anni fa dalla compagnia di traghetti e in scadenza nel 2023, starebbe impendendo il risanamento della compagnia chiedendo che la propria quota di debito venga ripagata con ritorni multipli (c’è chi parla del 300%) creando così un’asimmetria rispetto agli altri bond holders e alle banche. Quest’ultime, così come gli altri obbligazionisti, avrebbero già dato un proprio via libera di massima al piano di rientro messo a punto da Moby e per questo la famiglia Onorato che controlla il gruppo avrebbe deciso di muoversi con l’accusa di estorsione.
Se confermato sarebbe un ulteriore attacco legale dopo quello ufficializzato ieri proprio da Moby alla Financial conduct authority britannica e alla Sec statunitense nei confronti del fondo americano Sound Point Capital Management e di quelli inglesi Aptior Capital, BlueBay Asset Management e Cheyne Capital Management. A metà del 2019 questi investitori (rappresentati dal cosiddetto Ad Hoc Group) avevano acquistato insieme ad altri fondi per circa 37,6 milioni di euro obbligazioni dal valore nominale di circa 125,43 milioni di euro (dunque al 30% del loro valore).
Anche per loro le accuse sono di insider trading perché, secondo gli Onorato, sia Di Meo che i fondi, durante il periodo di standstill accordato dai creditori successivamente al non disclosure agreement firmato dagli stessi investitori istituzionali (a inizio 2020), avrebbero continuato a trattare il bond fino a salire a una quota del 50% delle obbligazioni rappresentate dal cosiddetto ad hoc group (che vale circa 150 dei 300 milioni complessivi dei bond emessi).
Sound Point avrebbe nei mesi scorsi liquidato la sua posizione (non risulterebbe più fra i creditori) ma Di Meo, in rappresentanza evidentemente di altri investitori, continua il suo personale braccio di ferro con Moby per massimizzare il suo investimento anche a costo di compromettere il raggiungimento di un accordo a poche settimane dalla scadenza fissata dal tribunale di Milano (28 marzo) per l’approvazione del concordato preventivo.
In attesa di capire se e come la Procura deciderà di muoversi, la compagnia di traghetti porta avanti il suo piano di drastico taglio dei costi che, dopo la chiusura della sede di Tirrenia a Napoli avvenuta a fine febbraio, ha imposto questa settimana anche la soppressione delle rimanenti linee merci verso la Sardegna. Dopo aver interrotto un anno fa la Catania – Napoli e un paio di mesi fa la Ravenna – Brindisi – Catania, Tirrenia – Cin (Compagnia Italiana di Navigazione) ha chiuso ora anche la linea merci che collegava i porti di Livorno, Catania e Malta. Fonti vicine all’azienda spiegano come il gruppo abbia deciso di concentrare gli sforzi sul core business della Sardegna e sulla Napoli-Palermo (tratta servita con nave per passeggeri e merci). L’abbandono dello scalo etneo porta con sé ovviamente anche l’inattività della società terminalistica locale Cps Srl, con conseguente messa in cassa integrazione del personale, ma rappresenta un ulteriore step verso il ridimensionamento di Moby propedeutico al salvataggio e al rilancio della compagnia. Obbligazionisti permettendo.
Nicola Capuzzo
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