Insidie per gli armatori nella nuova “dichiarazione d’alto mare”
Con un provvedimento del 15 giugno scorso, l’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di dichiarazione da trasmettere telematicamente per beneficiare della non imponibilità IVA in occasione dell’acquisto di navi adibite alla navigazione in “alto mare” nonché di beni e servizi alle stesse riferibili (art. 8-bis d.P.R. n. 633 del 1972). Il provvedimento regola anche […]
Con un provvedimento del 15 giugno scorso, l’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di dichiarazione da trasmettere telematicamente per beneficiare della non imponibilità IVA in occasione dell’acquisto di navi adibite alla navigazione in “alto mare” nonché di beni e servizi alle stesse riferibili (art. 8-bis d.P.R. n. 633 del 1972). Il provvedimento regola anche la dichiarazione dell’effettivo utilizzo nel territorio della UE delle prestazioni di servizi di locazione anche finanziaria, noleggio e simili non a breve termine di imbarcazioni da diporto ai fini della determinazione dell’IVA dovuta (art. 7-sexies, c. 1, lett. e-bis del d.P.R. n. 633 del 1972).
L’intervento era atteso, nondimeno emergono alcune criticità significative per il comparto armatoriale. Ne parliamo con Stefano Basso e Fabio Tullio Coaloa, partner di STS Deloitte.
Dott. Basso, a lei un primo commento “a caldo”:
SB: Il provvedimento in questione ha certamente il pregio di aver recepito le istanze del comparto della nautica che in effetti lo ha accolto con favore. Di particolare rilievo è il fatto di aver delineato la responsabilità dei soggetti coinvolti: quella attribuibile al fornitore di beni e servizi viene infatti limitata alla corretta annotazione in fattura dei dati della dichiarazione telematica effettuata dall’armatore o utilizzatore del mezzo. È su questi ultimi soggetti che ricade infatti l’onere di provare la sussistenza delle condizioni e di gestire la comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Assai diversa è stata la reazione del comparto armatoriale, e soprattutto degli operatori che forniscono beni e servizi alle navi impiegate nel traffico commerciale. Ricordiamo che per queste navi è richiesta la prova di un requisito che risulta palesemente verificato nella stragrande maggioranza dei casi, ovvero che il mezzo navale navighi prevalentemente (per più del 70% dei viaggi) al di fuori delle acque territoriali italiane (e più precisamente oltre la linea delle 12 miglia prevista dalla convenzione di Montego-Bay).
Ma se la condizione risulta sempre verificata da cosa deriva il malcontento degli operatori?
SB: Certamente dalla rigidità della procedura e dagli effetti potenzialmente dannosi che questa comporterà sul piano commerciale. Per gli armatori italiani si tratta dell’ennesimo adempimento che, pensando a flotte di medie e grandi dimensioni, non avrà un costo amministrativo trascurabile. Ma c’è di più: pensiamo a una nave di un operatore internazionale battente bandiera extracomunitaria che scala un porto italiano e ha necessità di acquistare dotazioni o provviste di bordo o parti di ricambio di motori e loro componenti. Fino ad oggi era sufficiente produrre al fornitore un documento in carta libera per dichiarare l’ovvio (ovvero la prevalente navigazione in alto mare). Con il provvedimento si pretende che l’armatore straniero si sia dotato preventivamente di codice fiscale, abbia identificato il codice fiscale dei suoi fornitori italiani e abbia trasmesso telematicamente all’agenzia delle entrate un modello ottenendo così un numero di protocollo da comunicare a ciascun fornitore per assicurarsi la non applicazione dell’IVA.
Considerata la vostra esperienza internazionale, anche negli altri Paesi UE sono previsti tutti questi adempimenti?
SB: Questo è il punto: con una tale rigidità burocratica l’Italia rischia di diventare certamente meno appetibile come mercato di approvvigionamento rispetto ad altri paesi che hanno mantenuto maggiore flessibilità, pur richiedendo il rispetto di analoghe condizioni.
Avv. Coaloa, le criticità che emergono dal modello pubblicato non finiscono qua, può parlarcene?
FTC: Le criticità sono diverse. Ad esempio la gestione delle “operazioni a catena” per gli operatori che ad oggi fatturano in regime di non imponibilità non direttamente nei confronti degli armatori o proprietari della nave “agevolabile”, ma nei confronti di un trader (si pensi alle ipotesi di bunkeraggio) o nei confronti di un sub-appaltatore di servizi. Non è chiaro se per le prestazioni di servizio in subappalto, anche il subappaltante debba predisporre e trasmettere un apposito modello verso il proprio prestatore (che ricalcherà le informazioni indicate nel modello a lui indirizzato). Andrebbe poi chiarita in questo caso la responsabilità del subappaltante circa il possesso dei documenti richiesti ai fini della dimostrazione della sussistenza della condizione di navigazione in alto mare.
Quando entreranno in vigore le novità in commento?
FTC: anche l’entrata in vigore non è di aiuto per il tempestivo adeguamento: le novità saranno applicabili alle operazioni per le quali la data della relativa fattura decorre dal 14 agosto 2021 mentre la dichiarazione preventiva dell’armatore/proprietario potrà essere trasmessa telematicamente già a partire dal 15 luglio 2021.
Non c’è dunque molto tempo, possibili soluzioni?
FTC: l’unica soluzione possibile a breve è che l’Agenzia accolga le istanze di semplificazione degli operatori del settore; l’obiettivo di tutti è trovare delle soluzioni pratiche che possano tutelare l’operatività e competitività del settore. In via definitiva si dovrebbe tuttavia ripensare il sistema distinguendo tra il comparto della nautica e quello del traffico commerciale, trovando per questo un migliore equilibrio tra l’efficacia dei controlli a tutela dell’erario e il concreto impatto sugli operatori.
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