Il coronavirus guasta la festa agli armatori di navi cisterna
L’emergenza sanitaria innescata dalla diffusione del coronavirus in Cina guasta la festa agli armatori di navi cisterna, in particolare di navi petroliere di grande portata, i cui noli dal Medio Oriente e dagli Stati Uniti verso l’Asia sono crollati tornando ai livelli dello scorso settembre dopo diversi mesi di ritorni particolarmente elevati. La causa di […]
L’emergenza sanitaria innescata dalla diffusione del coronavirus in Cina guasta la festa agli armatori di navi cisterna, in particolare di navi petroliere di grande portata, i cui noli dal Medio Oriente e dagli Stati Uniti verso l’Asia sono crollati tornando ai livelli dello scorso settembre dopo diversi mesi di ritorni particolarmente elevati. La causa di questa flessione è stato il calo della domanda di petrolio greggio spiegano diversi broker marittimi, con alcune grandi raffinerie che hanno diminuito i ritmi di produzione a seguito di una diminuzione dei consumi.
“Il mercato è tornato com’era prima che gli Stati Uniti imponessero le proprie sanzioni sulle petroliere del gruppo Cosco. Tutti gli altri fattori come i tempi d’attesi per rifornirsi di carburante a basso tenore di zolfo, congestione in alcuni porti e andamento industriali in Europa sono scomparsi” spiega un broker alla Reuters. Gli Stati Uniti nei giorni scorsi hanno parzialmente ritirato alcune sanzioni sulle petroliere di Cosco ma evidentemente gli effetti di questa azione sono stati peggiorativi sul mercato, riportando capacità di stiva che finora era fuori dai giochi.
La società di brokeraggio navale Braemar ha detto che oggi per un viaggio dagli Usa alla Cina il nolo è di circa 8 milioni di dollari, secondo altri circa 7,5 milioni, ma in ogni caso questi numeri riportano il mercato indietro di quasi sei mesi.
Il gruppo petrolifero cinese Sinopec ha tagliato la propria produzione di prodotti raffinati del 12%, pari a circa 600mila barili al giorno, e questo rappresenta una riduzione della domanda di greggio molto significativa. Il braccio operativo Unipec dedicato al trading di petrolio avrebbe stoppato l’acquisto di greggio dall’Africa Occidentale e starebbe rivendendo almeno cinque carichi di crudo acquistati in Angola.
Anche altri gruppi petroliferi cinesi attivi nella provincia di Shandong, che sommati pesano per un quinto sulle importazioni di greggio in Cina, hanno tagliato la loro produzione del 30-50% per attestarsi al 50% della propria capacità produttiva e questo inevitabilmente si rifletterà anche sul trasporto via mare di prodotti raffinati, con conseguente calo atteso dei noli sia per le navi Long Range che per le Medium Range attive sul mercato spot.
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