Dal 18 comma 7 all’esclusività del servizio pax: sul DL Venezia l’ombra del caso Livorno
La disciplina della gestione dei servizi ai crocieristi a Venezia continua a far discutere dopo che il cosiddetto Decreto Venezia ha sparigliato le carte nelle scorse settimane, vietando il transito delle unità superiori alle 25mila tonnellate nel Canale della Giudecca e a San Marco. Fonte di dibattito era stato la scorsa settimana l’emendamento, inserito dal […]
La disciplina della gestione dei servizi ai crocieristi a Venezia continua a far discutere dopo che il cosiddetto Decreto Venezia ha sparigliato le carte nelle scorse settimane, vietando il transito delle unità superiori alle 25mila tonnellate nel Canale della Giudecca e a San Marco.
Fonte di dibattito era stato la scorsa settimana l’emendamento, inserito dal Senato nel corso dell’iter di conversione del provvedimento (la Camera comincerà domani l’esame), con cui si prevede che “l’affidamento della gestione dei punti di attracco temporanei” a Vtp – Venezia Terminal passeggeri, gestore della Stazione Marittima (rimasta tagliata fuori dal divieto), necessiti di un’espressa deroga al comma 7 dell’articolo 18 della legge portuale. Una previsione non ritenuta invece necessaria in almeno un altro caso di ‘doppia concessione’.
Ora, però, l’Autorità di Sistema Portuale della Serenissima (il cui presidente è peraltro stato individuato come commissario per l’implementazione degli approdi temporanei) spiega che la previsione di una deroga espressa non sarebbe stata necessaria nemmeno nel caso di Vtp: “La “disciplina concessoria in capo a Vtp non presenta le caratteristiche di impresa portuale ex art.18” giacché Vtp “è titolare di una concessione demaniale pluriennale ex art. 36 cod. nav. dell’impianto portuale (sedime) ed opera quale unica affidataria del servizio passeggeri”.
Tale considerazione sposta il focus sull’unicità del servizio passeggeri ed è destinata ad innescare un nuovo motivo di dibattito e di potenziale contenzioso.
Fino al cosiddetto ‘correttivo porti’ (il decreto legislativo con cui nel 2017 si corresse la riforma portuale dell’anno precedente) l’esclusività della gestione del servizio passeggeri ad un unico operatore era una sorta di dogma derivato dall’inserimento di tale servizio fra quelli individuati dal ‘Decreto Giurgola’ come servizi di interesse generale. Tanto che per anni i titolari di tale servizio, gestito ovunque in via esclusiva, sono stati e sono ancora oggi in molti casi (fra cui la stessa Vtp) società partecipate dalle Autorità portuali. Riforma e correttivo però abrogarono quel decreto, lasciando alle singole neonate Autorità di Sistema Portuale l’onere dello “affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale”. Previa naturalmente individuazione dei servizi in questione.
Pressoché nessuna Adsp ha assolto a tale individuazione e il Ministero competente da 4 anni si guarda bene dal chiarire il busillis, col risultato di creare l’ennesima zona grigia nella normativa portuale. Zona grigia che ha già scatenato un terremoto a Livorno, con l’avvio di servizi passeggeri da parte di operatori diversi da quello esclusivista fino ad allora, Porto Livorno 2000. Che ad oggi, nel profluvio di cause scaturite, non è ancora riuscito a far valere le proprie ragioni, malgrado la pretesa in tal senso del socio privato di maggioranza nel frattempo subentrato.
Il rischio è che a Venezia possa succedere qualcosa di analogo. “L’elenco dei servizi di interesse generale, come del resto in numerose altre realtà portuali, non è stato stilato dopo la riforma del 2017” conferma infatti l’Adsp, aggiungendo come sorta di contrappunto che “in ogni caso, alla luce della vigente normativa comunitaria, la gestione delle stazioni passeggeri (e, nel caso di Venezia, VTP è l’unica concessionaria) rientra sostanzialmente fra i servizi di interesse generale”.
Al netto della non meglio precisata “normativa comunitaria” per cui il servizio passeggeri sarebbe un servizio di interesse generale da far gestire in esclusiva, l’avverbio “sostanzialmente” però non è una legge. Il che pone un interrogativo inquietante a valle dell’affermazione dell’Adsp per cui “ai sensi del decreto legge n.103/2021 (il DL Venezia, nda) Vtp sarà autorizzata a svolgere a Marghera le attività connesse al servizio di interesse generale sulla base di specifici accordi/contratti tra privati, che avranno ad oggetto l’utilizzo di compendi demaniali già in concessione ai Terminal commerciali, nel rispetto delle competenze regolatorie in capo ad ADSP ed al Commissario Straordinario”.
Ammesso cioè che nessuno eccepisca sul fatto che ai terminal Venice Ro-Port Mos, Vecon e Tiv sia Vtp a prestare servizio ai passeggeri, non altrettanto solida pare la convinzione che nessuno metta in discussione, che, in terminal ancora da realizzare con risorse pubbliche (nel Canale nord di Marghera e fuori Laguna), vale a dire in altre stazioni marittime, il diritto a prestare tale servizio sia già promesso a un operatore privato persino in assenza di formale individuazione dello stesso quale servizio di interesse generale. Certo, gli azionisti che nel 2016 presero il controllo di Vtp faranno valere la promessa dell’esclusività. Ma a Livorno non è servito a nulla.
C’è un ulteriore questione, poi, che potrebbe complicare la vita a Adsp e Vtp. Chi dovesse sollevare il problema, infatti, avrà gioco facile nel far notare la problematicità dell’affidamento da parte dell’ente di diritti di esclusiva ad una società che, partecipata dall’ente stesso (attraverso APV Investimenti che detiene un 1% nella società di controllo di Vtp), opera in regime di almeno teorica concorrenza, tanto più che l’individuazione di servizio di interesse generale è sostanziale e non formale. Anche su questo però l’Adsp pare tranquilla: “Per quel che concerne la partecipazione di AdSP MAS in VTP, va premesso come la questione sia stata analizzata sia dall’ANAC che dalla Corte dei Conti, che hanno confermato la legittimità da tutti i seguenti punti di vista: costituzione della società (1997) ai sensi dell’art. 23 comma 5 L. n. 84/1994, partecipazione di APVI nella compagine societaria nella misura dell’1% (dopo la dismissione delle quote azionarie operata nel 2015), affidamento del servizio di interesse generale, assentimento della concessione, mantenimento dell’affidamento del citato servizio fino al termine della concessione demaniale avente ad oggetto beni strumentali (piazzali, banchine, stazioni passeggeri)”.
Quel che è certo è che il problema esiste e altrove, come spesso avviene nella giungla della portualità italiana, una situazione analoga è stata affrontata in maniera differente.
Come è noto il divieto veneziano ha dirottato su Monfalcone parte del traffico. I servizi sono prestati per il momento su banchine pubbliche da TTP – Trieste Terminal Passeggeri, concessionaria della stazione marittima di Trieste, stessa Adsp, che partecipa anche in questo caso al capitale sociale. Tale affidamento del servizio, però, in quel caso trae fondamento non già dall’individuazione “sostanziale” del medesimo fra quelli di interesse generale, ma da un formale decreto in tal senso dell’Adsp. Una sorta di viatico, laddove si decidesse, come si ipotizza, di stabilizzare la situazione con la realizzazione di un’area dedicata, per riservare alla propria società il diritto a prestare il servizio anche in presenza di un soggetto terzo che dovesse aggiudicarsi l’inevitabile gara per la concessione demaniale.
Andrea Moizo
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