No al bunkeraggio da nave a nave nel porto di Gioia Tauro
Un’ordinanza della Capitaneria di Porto di Gioia Tauro (la n.16/2021) pubblicata nei giorni scorsi ha aggiunto al Regolamento di sicurezza in vigore nello scalo un nuovo articolo (il 47 bis) in cui si afferma che il servizio di bunkeraggio nel relativo Circondario Marittimo “è consentito solamente via terra”. La modifica al testo vigente è arrivata […]
Un’ordinanza della Capitaneria di Porto di Gioia Tauro (la n.16/2021) pubblicata nei giorni scorsi ha aggiunto al Regolamento di sicurezza in vigore nello scalo un nuovo articolo (il 47 bis) in cui si afferma che il servizio di bunkeraggio nel relativo Circondario Marittimo “è consentito solamente via terra”.
La modifica al testo vigente è arrivata alla fine di una istruttoria avviata dopo che ReSeaWorld – società finora attiva nel brokeraggio e trading di carburanti e olii lubrificanti navali – lo scorso marzo aveva presentato un’istanza per poter svolgere nello scalo calabrese attività di bunkeraggio tramite bettolina, in aggiunta dunque alla modalità utilizzata finora e cioè tramite autobotti.
Il pronunciamento ha sorpreso in primis la stessa ReSeaWorld, che per voce della sua numero uno Valeria Sessa ha però voluto sottolineare a SHIPPING ITALY di aver avuto finora “un confronto proficuo” con la stessa Capitaneria, nonché con tutti gli interlocutori interessati. La società, ha annunciato Sessa, “non intende però demordere, valutando tutte le strade percorribili.”
“Il progetto è ambizioso, ne siamo consapevoli, ma siamo convinti che si tratti di una grande opportunità di sviluppo per tutto il porto di Gioia Tauro, data la sua importanza crescente nei traffici marittimi mondiali. In aggiunta crediamo che sia in linea con lo spirito della normativa italiana in materia, che considera il bunkeraggio via barge più sicuro rispetto a quello via terra come cita la circolare ministeriale vigente”.
Senza entrare nel merito delle motivazioni tecniche addotte dalla Capitaneria nella sua ordinanza, Sessa ha infine evidenziato nuovamente come il progetto di ReSeaWorld, frutto di uno studio di alcuni anni relativamente alla sua fattibilità tecnica ed economica, non voglia porsi in competizione con le attività degli altri operatori presenti sul mercato italiano ma “offrire un servizio aggiuntivo” e “far crescere il business del bunkeraggio nei porti della Penisola riportando in Italia forniture che avvengono in altri scali esteri”.
L’allargamento del bunkeraggio navale alla modalità ship to ship, va ricordato, è stato affrontato recentemente in Italia anche nel porto di Bari. In quel caso erano state proprio considerazioni relative a un atteso “incremento della safety portuale” (rispetto alla modalità via autobotte) a far propendere la locale Capitaneria a favore di una modifica in questo senso del regolamento in vigore nello scalo (in quel caso, a seguito di una istanza avanzata in quel caso da Sarda Bunkers).
Francesca Marchesi
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