Maersk e Msc sul rimorchio di Civitavecchia, allarme di Filt Cgil
L’ombra dei maggiori armatori del mondo si è allungata sul servizio di rimorchio del porto di Civitavecchia. Come riportato da SHIPPING ITALY, la gara è stata avviata mesi fa dalla Capitaneria di Porto locale e il 3 settembre è scaduto il termine per le offerte per il bando, che vale 170 milioni di euro in […]
L’ombra dei maggiori armatori del mondo si è allungata sul servizio di rimorchio del porto di Civitavecchia.
Come riportato da SHIPPING ITALY, la gara è stata avviata mesi fa dalla Capitaneria di Porto locale e il 3 settembre è scaduto il termine per le offerte per il bando, che vale 170 milioni di euro in 15 anni. Secondo quanto riportato dal quotidiano locale TRC Giornale, oltre all’incumbent, Rimorchiatori Laziali, avrebbero presentato un’offerta anche Svitzer e Con.tug. La prima è una controllata di Maersk e la seconda è da poco divenuta per intero una controllata di Msc.
La circostanza ha risvegliato anche l’attenzione del sindacato, che fino ad oggi non era parso angustiato dalle condizioni inserite nel capitolato. Ora invece una nota di Filt Cgil ha espresso preoccupazione “per gli effetti in termini concorrenziali che avrebbe il principale scalo del Lazio nel caso di assegnazione del servizio di rimorchio ad uno dei principali utilizzatori di questo servizio”.
Al centro dell’attenzione è naturalmente la clausola sociale, analoga a quella già usata per i bandi avviati in altri scali nei mesi scorsi (Savona e La Spezia i più importanti) e, come quella, piuttosto ‘scarna’ nell’ottica sindacale, giacché per il personale di Rimorchiatori Laziali si prevede solo, nel caso di vittori di un newcomer, una sorta di priorità all’assorbimento laddove quest’ultimo non abbia un organico sufficiente a coprire l’offerta di gara, con salvaguardia dei “livelli retributivi” (senza cioè obbligo al mantenimento delle condizioni di secondo livello).
“In sostanza – spiega la nota di Filt – circa 50 persone, altamente formate e performanti, corrono il rischio di rimanere disoccupati, buttando letteralmente a mare 20 anni di duro lavoro, il nostro porto non è nelle condizioni di assorbire esuberi e soprattutto non si può permettere di perdere importanti professionalità maturate localmente. Laddove ci fosse una continuità occupazionale, vista la modalità con cui è stata costruita la gara, dove a nostro avviso, molto verrà deciso nell’offerta economica dal costo del lavoro, il rischio di azzeramento della contrattazione di secondo livello è alto. In sintesi, nella migliore delle ipotesi si ripartirebbe dal minimo sindacale, nella peggiore si tornerebbe ad iscriversi nelle liste di disoccupazione. Tutto ciò, ovviamente, non può assolutamente essere tollerato e pertanto, come Filt Cgil del territorio, siamo pronti a mettere in atto le necessarie iniziative”.
La clausola sociale inserita anche in questo bando (scaturente dal principio che in gioco c’è un servizio e non beni e relativi equipaggi) aveva già causato malumori a La Spezia, più o meno rientrati. Ma per la prima volta, però, il sindacato, ancorché a livello locale, ha toccato un altro aspetto del problema, più generale, interrogandosi cioè sui profili di compatibilità con le normative in ambito di concorrenza di operazioni di integrazione verticale che nel rimorchio italiano stanno vedendo solo ultimamente i primi esempi ma si annunciano come una nuova frontiera: “Come avviene già a Gioia Tauro, chi gestisce il terminal container potrebbe trovarsi a svolgere anche il servizio di rimorchio. Ci domandiamo da tempo se questo non generi un conflitto di interesse ed una distorsione della concorrenza, con possibili profili di abuso di posizione dominante e l’istaurazione di un monopolio. Replicare queste situazioni di integrazione verticale ed orizzontale oltre che alle operazioni portuali anche per i servizi tecnico nautici dovrebbe essere oggetto di attenzioni delle istituzioni che regolano il sistema portuale nazionale”.
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