Dopo tre anni il divorzio Messina-Tsg diviene necessario per Adsp Genova
Dopo aver pubblicato l’istanza di Superba, consegnatale meno di tre mesi fa, per la concessione di Ponte Somalia (e concesso 20 giorni per le osservazioni), l’Autorità di Sistema Portuale di Genova ha ripescato oggi una domanda ricevuta invece tre anni e mezzo fa e rimasta finora nel cassetto (per eccepire alla quale ci saranno 30 […]
Dopo aver pubblicato l’istanza di Superba, consegnatale meno di tre mesi fa, per la concessione di Ponte Somalia (e concesso 20 giorni per le osservazioni), l’Autorità di Sistema Portuale di Genova ha ripescato oggi una domanda ricevuta invece tre anni e mezzo fa e rimasta finora nel cassetto (per eccepire alla quale ci saranno 30 giorni).
L’improvvisa epifania non appare casuale. L’istanza in questione, infatti, quella cioè dell’associazione temporanea d’impresa ( Ati) fra Messina e Terminal San Giorgio (Tsg) di ‘sciogliere’ l’associazione temporanea che nel 2009 si aggiudicò la gara per la concessione (fino al 2035) di oltre 300mila mq fra Ponte Canepa e Ponte Libia (compresi fra le aree gestite dalle due società componenti la partnership), dimenticata per anni, diviene oggi determinante per il prosieguo del progetto Superba/Somalia. In caso di positivo esito di quest’ultima, infatti, si creerebbe una sorta di vuoto giuridico, rimanendo Tsg un soggetto attivo in porto (su Ponte Libia appunto) ma sprovvisto, perdendo Ponte Somalia, di titoli formali, dal momento che è appunto l’Ati titolare di concessione sul Libia.
Ecco quindi spiegata (in assenza di motivazioni ufficiali) la decisione di AdSP di aprire un dossier lasciato finora in un cassetto.
Anche questa, del resto, una decisione funzionale, quantomeno al quieto vivere, almeno fintantoché si è potuto. L’istanza, infatti, mette nero su bianco aspetti grossomodo noti dello sviluppo della concessione – ad esempio che nei fatti l’Ati non è mai decollata: Messina ha operato i propri traffici sulla sua parte e Tsg altrettanto – e altri meno noti e piuttosto delicati, In particolare il fatto che già da tempo le previsioni del piano di impresa dell’Ati risultino non rispettate: “Il mercato in cui Messina e Tsg operano è radicalmente cambiato rispetto allo scenario del 2009, quando cioè è stato predisposto il Programma di attività e sono state formulate le previsioni di sviluppo in esso contenute” si legge.
Messina e Tsg offrono una articolata spiegazione di ciò: lo scenario competitivo del 2009 è cambiato in ragione di nuovi terminal realizzati o progettati o ampliati fra Vado Ligure e Livorno, senza dimenticare l’adeguamento tecnico funzionale del terminal rinfuse del capoluogo ligure. Poi c’è stata la rivoluzione del settore container innescata dalla crisi del 2008 e protrattasi per un decennio (crollo della redditività, fallimenti e concentrazioni). E infine l’esplosione del gigantismo. Un fenomeno che, rivendica l’Ati, è “globale” ed “esula dalle politiche aziendali di Messina e di Tsg e dalle loro scelte imprenditoriali, costituendo quindi un fattore chiaramente estraneo all’area di rischio posta sotto il controllo” delle due società.
Ma non è tutto, perché il seguito dell’istanza chiarisce il punto di vista dell’Ati su un altro aspetto fondamentale. A spiegare le difformità col piano, infatti, c’è anche “la circostanza per cui ad oggi (cioè a metà del 2018, ndr) la possibilità delle scriventi di performare secondo le previsioni del 2009 risulta condizionata in negativo da un ulteriore e distinto profilo, cioè lo stato di avanzamento degli interventi infrastrutturali a carico dell’Autorità (portuale, ndr)”.
Tali inadempienze non avrebbero solo impedito all’Ati di rispettare le previsioni di traffico. Secondo la concessionaria, infatti, pur riconoscendo come fosse “alla base del bando di gara”, anche il finora mancato riempimento (a carico dell’accoppiata di concessionari) fra Ponte Libia e Ponte Canepa (unico impegno infrastrutturale dell’Ati a meritare un esplicito riferimento nell’atto stesso di concessione, allegato all’istanza di revisione) sarebbe ascrivibile alle inottemperanze dell’AdDP ai propri impegni. Sul punto specifico la concessione non è però chiara.
È chiaro invece il fatto che l’Ati voglia sgravarsi di eventuali imputazioni di inadempienze. Tanto da chiedere, insieme allo scioglimento, all’attribuzione a ognuna delle due società della propria parte di compendio e alla riformulazione dei piani di impresa, che nella revisione tale intervento “sia rimandato a data da destinarsi (…), intendendosi tale data quale quella in cui l’investimento potrà ritenersi realmente efficace per l’attività di impresa delle scriventi”. I concessionari, cioè, nel 2018 propongono di condizionare e comunque rimandare l’esecuzione di un’opera per la cui realizzazione si sono aggiudicati la concessione 9 anni prima, offrendo, in cambio, “di destinare equivalenti risorse all’esecuzione di interventi e/o all’acquisto di dotazioni nell’immediato più utili al proprio business”. A latere la riformulazione dei piani di impresa, “che le scriventi stanno predisponendo e che si riservano di depositare quanto prima”.
Assunti tre anni e mezzo fa, dell’assolvimento di tutti questi impegni al momento nulla è dato sapere. E del resto, se solo oggi e solo perché funzionale ad altra procedura l’AdSP rivela che per almeno 4 anni una porzione di più di 300mila mq del porto ha registrato una gestione fortemente difforme da quanto previsto, sia in termini di traffici previsti che di infrastrutturazione e per ragioni che, per quanto argomentate, sono agli atti unilaterali, c’è poco da sorprendersi. L’operazione di trasferimento dei depositi chimici di Superba deve procedere con urgenza, complice anche la campagna elettorale delle municipali alle porte.
Andrea Moizo
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