Ancora tre piattaforme di Saipem ‘spiaggiate’ in India nel 2021
Due delle unità sono state smantellate dopo un passaggio dalla bandiera portoghese a quella di St. Kitts & Nevis, una procedura che Ngo Shipbreaking Platform considera un aggiramento della normativa Ue
Sono solo 37 le navi che nel 2021 sono state demolite in uno dei 44 cantieri navali inseriti nella lista di strutture approvate dalla Commissione Europea ai sensi del Regolamento EU 1257/2013.
Un numero decisamente basso, soprattutto se rapportato al totale di unità navali che nel corso dello scorso anno sono state cedute per scrapping, complessivamente 763.
I dati sono forniti dal report annuale compilato da Ngo Shipbreaking Platform, organizzazione non governativa che da tempo invoca migliori condizioni per questa attività in tutto il mondo, stigmatizzando gli stabilimenti che operano secondo livelli di sicurezza sub standard.
In particolare secondo l’elenco sono 583 le unità – navi cisterna, bulker, piattaforme, general cargo così come traghetti o navi da crociera – che hanno concluso la loro esistenza in Bangladesh, India e Pakistan, paesi dove non è presente nemmeno uno degli stabilimenti ‘approvati’ e in cui lo smantellamento avviene tramite la pratica dello spiaggiamento.
A finire così, evidenzia la Ong, sono state anche tre piattaforme semisommergibili appartenute a Saipem.
Prima unità del trio è la Reo, in passato nota come Perro Negro 2, già operata commercialmente da Saipem Spa, che batteva bandiera portoghese prima del passaggio a quella di St Kitts & Nevis.
Simile lo status della Lph (ex Perro Negro 5), operata commercialmente dalla olandese Equipment Rental & Services BV, che pure batteva bandiera portoghese ed era passata successivamente a quella di St.Kitts & Nevis.
Per le due unità l’accusa rivolta apertamente da Ngo Shipbreaking Platform alla società di San Donato Milanese è quella di avere agito in aggiramento della normativa comunitaria, rimuovendo cioè la bandiera di uno stato Ue (in questo caso, quella del Portogallo) per passare a una di comodo (appunto, quella di St Kitts & Nevis) in modo da poter procedere alla demolizione in India.
Da segnalare che la lista delle piattaforme demolite da Saipem nel 2021 comprende anche una terza unità, ovvero la Scarabeo 7. Battente bandiera delle Bahamas e in passato operata commercialmente da Saipem Spa, anche questa unità è stata smantellata in India, in questo caso dopo un breve passaggio di proprietà a Beacon & Bay Shipping Services, società di Dubai nota anche per aver rilevato lo scorso anno la Celestyal Experience (ex Costa neoRomantica) ribattezzandola Antares Experience. Un acquisto che aveva lasciato immaginare una nuova vita per la nave, se non che anche in quel caso l’unico itinerario percorso dalla cruiseship con il nuovo nome era stato quello che l’aveva condotta verso la sua destinazione finale, il cantiere di demolizione pakistano Gadani Ship Breaking Yard.
Per l’Italia dal report emergono però notizie di tono diverso.
Per la prima volta nel report annuale della Ong fa infatti capolino il cantiere genovese San Giorgio del Porto, l’unica struttura italiana presente nella lista l Reg. EU 1257/2013, che lo scorso anno ha finalmente dato il via alla sua attività di shiprecycling (dopo il caso eccezionale della Costa Concordia) operando su due unità.
Come già riportato su SHIPPING ITALY, lo stabilimento guidato da Ferdinando Garré si è infatti occupato di smantellare la Mar Grande e la Theodoros, datate unità presenti da tempo nel porto di Genova. Va ricordato inoltre che per quanto riguarda la seconda, piccola nave cisterna del 1967 dedicata al trasporto di alimenti ormai trasformatasi in un relitto, era stata la stessa AdSP del Mar Ligure Occidentale a indire una gara pubblica indicando “l’iscrizione nella list of European Ship recycling facilities di cui al Reg. EU 1257/2013” come requisito essenziale del cantiere che avrebbe dovuto procedere al suo smaltimento.
Continuando con le navi ‘italiane’, uno smantellamento a norma è stato inoltre anche quello della Eurocargo Patrasso, settima unità inclusa nella lista in quanto di proprietà del Gruppo Grimaldi, che la impiegava nella flotta della controllata Malta Motorways of the Seas. Come aveva confermato già alla nostra testata lo stesso gruppo, la nave, che batteva bandiera maltese, è stata avviata a demolizione ad Aliaga nel cantiere Oge Gemi Sokum Ithalat Ihracat, incluso nella lista di strutture della Ue.
Risulta infine essere stata ceduta per demolizione presso la località turca, lo scorso anno, anche la Asso Ventuno, platform supply vessel del 1998 di Augusta Offshore. Secondo quanto comunicato dalla stessa compagnia, la nave è stata smaltita dal cantiere Isiksan Gemi Sokum Pazarlama, pure in possesso della autorizzazione rilasciata dalla Commissione Europea.
Riguardo le demolizioni navali che hanno luogo in Turchia, già in passato Ngo Shipbreaking Platform aveva evidenziato come fossero attive nell’area strutture con standard di sicurezza anche molto diversi tra loro ma accomunate dal metodo del landing, in cui la nave da demolire viene adagiata con la prua a riva mentre la poppa rimane a galla e le operazioni procedono con il suo progressivo trascinamento a terraman mano che i rottami vengono tagliati e smaltiti.
Facendo ora un bilancio delle attività del 2021, la Ong ha evidenziato come comunque siano stati 5 i lavoratori che hanno perso la vita nei cantieri navali di demolizione dell’area di Aliaga nel 2021. Di questi, uno è deceduto mentre lavorava nel cantiere Simsleker (approvato dalla Ue), mentre altri tre sono morti a seguito di incidenti accaduti mentre lavoravano nelle strutture di Metas, stabilimento poi rilevato dal collega (pure approvato dalla Ue) Ege Çelik.
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