Merlo (Federlogistica): “Serve una discussione strategica scevra da pozioni predefinite o conservatrici”
(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena realizzato da SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI Contributo a cura di Luigi Merlo * * presidente Federlogistica Negli anni dell’epoca che potevamo definire “tranquilla” eravamo abituati a misurare il nostro sistema portuale quasi esclusivamente sulla base dei dati […]
(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena realizzato da SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI
Contributo a cura di Luigi Merlo *
* presidente Federlogistica
Negli anni dell’epoca che potevamo definire “tranquilla” eravamo abituati a misurare il nostro sistema portuale quasi esclusivamente sulla base dei dati di traffico. Ad esclusione degli effetti generati dalla crisi del 2008, il sistema portuale e in particolare quello italiano è sempre stato restìo ad andare a fondo nelle analisi macro economiche globali, delegando ad altri mondi, quelli della finanza e dell’industria, le riflessioni e le politiche sui mercati.
Quattro sono stati sicuramente gli elementi che hanno generato una sorta di big bang nel settore marittimo logistico, fattori che si sono sommati tra loro con effetti imprevisti.
La crescita esponenziale dell’e-commerce, la pandemia e la sua gestione soprattutto in Cina. A queste variabili, impreviste per quanto riguarda l’ultimo fattore citato, si sono aggiunti il conflitto in Ucraina, le politiche ambientali comunitarie, a partire da Fit for 55, messe in profonda discussione a causa della crisi energetica. Una domanda di trasporto marittimo così elevata è concentrata in un modo che non ha eguali nella storia, con sistemi che si stanno riposizionando, un modello industriale che si interroga sugli effetti della delocalizzazione, sistemi portuali in grande trasformazione – si pensi alla fusione tra Anversa e Zeebrugge – l’inevitabile compenetrazione tra le diverse modalità di trasporto e un ruolo preminente della logistica.
A questo dovremmo aggiungere, in una nazione totalmente impreparata, gli effetti del cambiamento climatico in un mare, il Mediterraneo, che è in assoluto quello più interessato agli effetti del climate change e dell’accrescere dei fenomeni atmosferici estremi.
Sul futuro del sistema portuale italiano pende sempre il pronunciamento comunitario sulla tassazione dei canoni, che potrebbe avere effetti considerevoli sull’attuale assetto.
Tutti questi elementi dovrebbero essere sufficienti per affrontare tutti insieme, istituzioni e cluster, una discussione strategica scevra da pozioni predefinite o conservatrici.
La storia ci insegna che sono sempre stati effetti “esterni” a determinare le riforme in ambito portuale, a partire dai decreti Prandini. Il timore di cambiare, la paura di trasformazioni che possano modificare storiche rendite di posizione rischiano di dar luogo a una paralisi destinata a generare un grande deficit di competitività al sistema portuale italiano.
Eppure la consapevolezza di una nuova centralità dell’Europa unita, le grandi potenziali africane, il rallentamento del progetto della via della Seta sono tutte opportunità da non perdere per costruire un nuovo modello portuale italiano moderno e competitivo.
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