Sulla nuova diga di Genova l’ombra delle aree ex Ilva
Acciaierie d’Italia s’oppone alla sospensione
della concessione delle aree destinate a cantiere (cui Webuild aveva in teoria rinunciato)
Iniziata la fase di progettazione, l’iter di realizzazione della nuova diga foranea di Genova è subito incappato in un nuovo problema.
Come è noto, il cronoprogramma diffuso dall’Autorità di Sistema Portuale prevedeva che nelle scorse settimane fossero svolti sondaggi, predisposti i campi prova e approntate le aree di cantiere, la cui collocazione l’ente non aveva mai svelato. Proprio sull’effettiva disponibilità di una di queste è emerso l’intoppo.
A rivelarlo è stato Il Secolo XIX, che ha riferito di come il Comitato di Gestione dell’ente ieri abbia approvato una delibera per la sospensione di una concessione di 6mila mq in capo ad Ilva, malgrado Acciaierie d’Italia (subentrata come è noto nella gestione dell’acciaieria genovese) abbia espresso contrarietà al riguardo, ventilando azioni legali contro tale decisione.
La criticità del resto appare più seria di quanto lasci intravedere il solo fatto che “il Rup (Responsabile unico del procedimento, ndr) ha manifestato la necessità di avere la disponibilità delle aree a decorrere dal 15 gennaio 2023 anche in coerenza con il cronoprogramma dei lavori prodotto dall’appaltatore”, pena il ritardo nella realizzazione dell’opera.
Per comprendere il motivo bisogna fare un passo indietro, alla procedura negoziata che ha portato all’aggiudicazione alla cordata guidata da Webuild dell’appalto integrato da 950 milioni di euro, oggetto di impugnazione in un ricorso da parte della concorrente cordata guidata da Eteria che andrà a sentenza fra poche settimane.
Il tema delle aree di cantiere – una da adibire alla realizzazione dei cassoni, l’altra “per lo stoccaggio dei materiali inerti da demolizione” – era molto sentito dall’Adsp, data la penuria di spazi in porto, come si legge nel capitolato della negoziazione e nei suoi allegati. Per la seconda finalità, in particolare, l’ente individuò poco meno di 50mila mq nel sito Ilva, di cui 40.500 di “proprietà pubblica e concessa in diritto di superficie ad Ilva” e 9.500 mq di banchina in concessione da Adsp. Per i primi, qualora l’appaltatore avesse manifestato interesse a usarli, avrebbe dovuto accordarsi direttamente con Acciaierie d’Italia, mentre per i secondi sarebbe stata Adsp a provvedere a sospensione/revoca.
L’ente, tuttavia, era ben consapevole delle difficoltà che Acciaierie avrebbe sollevato, tanto che – si legge ancora – invitava le cordate a comunicare l’eventuale intenzione di avvalersi delle aree Ilva “già nell’ambito della gara”, al fine di “consentire alla Autorità di Sistema di predisporre in tempo utile le operazioni di eventuale chiusura di concessioni in essere e di predisporre le eventuali nuove”. Ed evidenziava come la scelta da parte dell’appaltatore di aree diverse, “non impegnando quindi l’area ex Ilva, sarà giudicata positivamente in sede di procedura di affidamento dell’appalto integrato complesso”.
Invito che, leggendo i verbali della negoziazione, Webuild colse – “identificando come possibili aree di stoccaggio dei materiali derivanti dalla demolizione della vecchia diga le banchine Ronco e Canepa e la banchina di Ponte Idroscalo Levante” –, ottenendo quindi la massima valutazione possibile, mentre Eteria venne sul punto penalizzata per “non aver previsto soluzioni alternative all’eventuale indisponibilità delle aree interne ex-Ilva”.
La delibera approvata ieri dal Comitato evidenzia però come anche Webuild avesse e avrà invece bisogno di quelle aree. Cosa che del resto Adsp doveva sapere, dato che sulla banchina di levante di Idroscalo era in corso una procedura di assentimento (da poco conclusa) che non vedeva impegnata la cordata edile. Perché quindi premiò Webuild (che avrebbe invece ottenuto lo spazio di Ronco Canepa grazie a un accordo con Imt Terminal malgrado il piano di impresa di quest’ultimo avallato dall’ente stesso preveda la movimentazione di 140mila Teu a partire proprio dal 2023)?
La stessa dinamica (garanzia in sede di gara di disponibilità di aree di cantiere, rivelatasi poi determinante per l’aggiudicazione ma insussistente) occorse anche nell’appalto del cosiddetto ribaltamento a mare, con la sconfitta, anche in quel caso, di Eteria. Per quella procedura la cordata però non ricorse. Per la diga, invece, i suoi avvocati potranno porre la suddetta domanda in Tribunale, dove intanto nelle ultime due settimane hanno già depositato svariati motivi aggiunti al ricorso principale, fra cui uno relativo al supposto pantouflage di Rettighieri.
Quanto al Comitato di ieri, l’ente (che su Ilva non ha risposto alle nostre domande), ha invece reso noto fra le altre cose “il rilascio della concessione a favore della società A.O.C. Antipollution Operative Center Srl su un’area complessiva di circa 14 mila mq presso Calata Olii Minerali del porto di Genova allo scopo di svolgervi sia le storiche attività di trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti liquidi prodotti da navi, sia le attività attualmente svolta da Giuseppe Santoro Srl (di cui verrà acquisito un ramo d’azienda, ndr)”.
Inoltre “svolto un primo esame delle linee strategiche e pianificatorie del Piano operativo triennale 2023-2025 nell’ambito di un percorso partecipativo che ha coinvolto anche l’Organismo di partenariato riunitosi nella mattinata odierna. La definizione del Pot si lega e anticipa i lavori di redazione del nuovo Piano Regolatore Portuale di Sistema che entrerà nel vivo nel 2023”.
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