Ignazio Messina: “Vi spiego perchè vendiamo ro-ro e compriamo full container. Da Msc non ci separiamo”
L’amministratore delegato del gruppo armatoriale genovese illustra le strategie aziendali preannunciando sviluppi anche nel terminal di Genova e ricordando gli investimenti in nuove navi del 2009 e la crisi finanziaria dopo il 2015
Vendita a prezzo elevato di navi con alta capacità di trasporto rotabili, acquisto a prezzi bassi di navi portacontainer, capacità di stiva aumentata per i box, più equipment, riduzione dell’indebitamento aziendale e nuovi investimenti nel terminal portuale di Genova. Una nuova rinascita che arriva dopo aver superato un periodo molto delicato dovuto anche agli ultimi investimenti che con il senno del poi si possono definire un po’ azzardati. Un patto tra famiglie ha aiutato la Ignazio Messina & C. a rimanere a galla e questa partnership oggi non la si vuole interrompere.
In questa intervista rilasciata a SHIPPING ITALY l’amministratore delegato Ignazio Messina parte dalle ultime novità del gruppo per spiegare la prossima startegia di crescita aziendale.
Dott. Messina proprio nel momento in cui tutti parlano di prospetive di crescita per i ro-ro e noli nuovamente depressi per i contenitori, voi decidete di vendere le navi ro-ro multipurpose per comprare portacontainer: da quali considerazioni trae origine questa strategia di investimento?
“Per il nostro gruppo la parte ro-ro è sempre stata importante ma per ciò che riusciamo a imbarcare attraverso la rampa. Sono molto paganti i pezzi eccezionali (high & heavy), i carichi su Mafi, turbine, trasformatori, ecc. Tutto ciò che è fuori sagoma. Di rotabili intesi come auto ne facciamo pochi (300 o 400 a viaggio al massimo) e su alcune tratte dove abbiamo spazio a bordo, ma non abbiamo le car carrier come navi da 7.000 Ceu per intenderci. Normalmente le auto pagano poco come carico anche se in quest’ultimo periodo pagano molto bene anche quelle.
Con noli andati alle stelle, abbiamo fatto ottimi bilanci nel 2021 e 2022 grazie soprattutto ai container, pur non avendo sui nostri trade noli da 15-16.000 dollari ma su qualche traffico al massimo da da 5.000 dollari. Ovviamente lo auspicheremmo ma non pensiamo che ritorni un mercato così buono. Sulle nostre navi la quota di carico relativa ai contenitori è sempre importante: si parla di due terzi per i container e un terzo per i ro-ro e per i pezzi break bulk ed eccezionali.”
Nonostante il calo dei noli volete puntare di più sui container?
“Quello che abbiamo voluto fare, visto che l’azienda un po’ di debito ancora lo ha, è stato sfruttare un momento molto alto per le quotazioni delle navi ro-ro e molto basso per le full container (i noli sono tornati ai livelli pre-Covid). Vendendo le due navi Jolly Diamante nel 2022 e ora la Jolly Quarzo (Ferrando & Massone ha reso noto di essere stato il broker in queste transazioni, ndr), cui farà seguito la Jolly Cristallo, con la cessione di ogni singola unità restituiamo il debito sottostante e con quello che rimane di soldi ci compriamo due navi lo-lo portacontainer. Vendendone una ne possiamo comprare due che in termini di portata sono da 4.600 Teu ciascuna (secondo quanto rivelato da Tradewinds si tratta di Northern Promotion e Northern Priority, ndr) e in pratica questo ci consente di triplicare la capacità di stiva container a costo zero. Per una nave con-ro da 3.000 Teu ne rileviamo cash due da 4.600 Teu.
Sono quelle occasioni che un armatore che intende cogliere opportunità di business anche nella compravendita navale non può mancare.”
A costo però di perdere qualcosa nei rotabili?
“È ovvio che si diminuisce un po’ la nostra capacità di stiva ro-ro ma sulle portacontainer, che sono più grosse, riserveremo una parte della stiva all’imbarco sempre di pezzi eccezionali. Avremo un po’ più di costi perché dovremo imbarcare con le gru ma come se fosse una qualsiasi nave multipurpose (invce che tramite la rampa, ndr). Rimettiamo però in sicurezza l’azienda che alla fine avrà una buona liquidità e questo ci consentirà di affrontare con relativa tranquillità gli anni difficili che sembrano vedersi all’orizzonte. Alterneremo su alcune rotte un po’ di stiva ro-ro con altra stiva full container.”
Lato terminal saranno necessari nuovi investimenti ad esempio proprio in gru di banchina?
“Al momento non sono necessari. Tenga conto che avremo qualche costo in più perché dovremo fare delle unitizzazioni più sui flat ma è anche vero che queste navi avranno costi d’esercizio inferiori a bordo non avendo forklift, ralle, Mafi, rimorchi. Questo maggiore costo verrà compensato. Va anche detto, però, che non potremo prendere così facilmente tutti i pezzi che prendiamo con le navi ro-ro grazie alla rampa. Impiegando però sulle linee navi lo-lo e ro-ro alternate i carichi che non imbarchiamo sulle portacontainer possono anche attendere 10-12 giorni e aspettare quella successiva per essere caricate più facilmente.”
Tornando indietro quel progetto di navi con-ro (multipurpose) di cui avete fatto costruire 8 unità in Sud Corea (di cui 3 ora vendute) ritenete si sia rivelato corretto?
“Le prime quattro erano quelle ordinate nel 2009 e prese in consegna nel 2011 e 2012. L’investimento fatto in quelle navi per alcuni mercati siamo assolutamente convinti della scelta adottata e siamo contenti di averle utilizzate su alcune linee tipo quella con il Sud ed Est Africa dove, potendo utilizzare la rampa per imbarcare, non abbiamo sofferto delle congestioni in scali ad esempio in Tanzania o in Kenia. Anche per il mercato del West Africa sono adatte ancora oggi.
Quando abbiamo ordinato la seconda serie di quattro era il 2012 e avremmo voluto fare un progetto differente e impiegarle sulle linee con il Golfo Persico. Un po’ perché il mercato del West Africa era calato per il trasporto di merce varia (sarebbero state un po’ troppo grosse come capacità), poi perchè nel Persian Gulf dove ci sono terminal contenitori attrezzati e quindi avremmo preferito fare delle navi differenti. Le avremmo volute con una capacità maggiore ma siccome eravamo subentrati a un contratto di un altro armatore (Scerni di Navigazione, ndr) non c’era stato il tempo per modificare il progetto e quindi abbiamo fatto le stesse navi rispetto alle prime quattro. Sapevamo già in allora che erano un po’ piccole.”
I noli degli anni seguenti poi non hanno aiutato…
“Il problema è stato che nel 2015, quando avevamo ricevuto in consegna le ultime navi, pensavamo che la crisi fosse finita e invece dal 2016 al 2020 è stato poi anche peggio degli anni precedenti. Per cui l’azienda si era ritrovata con 8 navi nuove, pagate poco (in termini di rimborso del finanziamento, ndr), con tanto tanto debito e poca redditività e quindi l’azienda è andata in crisi. La scelta della nave la rivendichiamo, anche se è stata coraggiosa e abbiamo un po’ buttato il cuore oltre l’ostacolo perché eravamo convinti che le avremmo potute vendere a interessi americani. Questo oggi si sta verificando anche se abbiamo avuto un po’ di tensione finanziaria. Non pensavamo mai più di vivere degli anni così difficili. Oggi, dopo averle usate 10 anni, le stiamo vendendo a più di quello che le avevamo pagate allora ai cantieri. Questo è un riscatto che ci piace oggi assaporare.”
Ora l’indebitamento post-ristrutturazione finanziaria quanto è stato ridotto?
“L’anno scorso abbiamo portato a termine una grande restituzione di parte del debito che sarebbe scaduto fra dieci anni. Abbiamo solo le quote gravanti su ogni singola nave. Invece con Carige c’era l’impegno di vendere due navi come da accordi con le banche e quindi restituiremo anche quel debito. La posizione finanziaria dell’azienda si è ristabilita molto.
Le banche adesso ci stanno cercando perché i conti vanno meglio. Con queste vendite stiamo cercando di capire come restituire una parte del debito residuo anticipatamente per ridurre ancora l’indebitamento ed essere ancora più sereni. Trovare un nuovo equilibrio fra la parte a debito e non a debito. I tassi che abbiamo dalla ristrutturazione sono molto migliori di quelli che si possono ottenere oggi sul mercato del credito. Avremo comunque ancora importanti investimenti da fare. Ad esempio nel terminal con due gru ferrate di ferrovia Rmg e due gru Rtg gommate per il piazzale, più 12 milioni di euro in nuovi contenitori.
Stiamo provando una nave in charter sul trade con l’East – South Africa e se questa linea desse buoni risultati vedremo se eventualmente fare ancora qualche acquisto di nave visto che vorremmo crescere con la flotta di proprietà. Sempre guardando al futuro con attenzione perché la lezione l’abbiamo imparata, quindi tenendo in attento equilibrio anche la parte finanziaria.”
Quale bilanciamento avete in mente fra naviglio di proprietà e in charter?
“Noi vorremmo tenere la quota minima di 8 navi di proprietà e valutare in base all’andamento del mercato se c’è qualche opportunità per comprarne di ulteriori. Non abbiamo un limite preciso. Oggi sul mercato si fanno buoni affari. Le due che stiamo acquistando un anno fa le avremmo pagate tre volte tanto. Se si riprende un po’ il mercato, prima che si riprenda troppo, valutare qualche acquisto invece che noleggio sarebbe una cosa che vorremmo fare.
Poi c’è sempre il sogno della nave heavy lift che però per il momento lasciamo ancora nel cassetto.”
In termini di diversificazione geografica dove guardate?
“Ci stiamo guardando intorno nelle aree che stiamo già servendo. Vorremmo incrementare l’attività attorno ai mercati che già serviamo. Non apriamo la Cina, né Gli Stati Uniti ma ci stiamo guardando attorno per cercare di catturare altro traffico sulle rotte nord-sud che operiamo.
Poi vorremmo riprendere qualche servizio con il Nord Africa, stiamo studiando come gestire alcune esigenze di stiva ro-ro; i noli però in questo momento non aiutano perché sono allucinanti.
Vorremo crescere con il terminal a Genova; appena ci danno la testata del molo Ronco – Canepa vorremmo prendere qualche servizio in più. Stiamo annusando anche il mercato delle autostrade del mare.”
Più precisamente i prossimi investimenti nel terminal quanto valgono?
“Entro fine anno dovremo aggiornare il parco delle reachstacker e stiamo facendo la gara e lì andremo su noleggi full maintenance, poi dovremmo comprare due gru ferrate per il parco ferroviario, più altre due gru di piazzale per un investimento fra 10 e -15 milioni di euro.
Poi dobbiamo definire con l’Autorità portuale il nuovo piano d’impresa perché da quando hanno deciso di fare la diga ci hanno tarpato le ali su qualsiasi ipotesi di sviluppo come polo contenitori.
Anche le due navi portacontainer che stiamo acquistando avremmo voluto prenderle un po’ più grosse; c’eran alcune navi da 5.500 Teu ma erano larghe 40 metri e non ce la siamo sentita perché avremmo avuto problemi nel porto di Genova. Questo è un grande limite.”
Visto che gli ultimi due anni sono andati così bene è arrivato il momento per voi di riacquistare il 49% del gruppo in mano ad Aponte?
“L’accordo che abbiamo fatto è stato fra famiglie per aiutarci a mettere in sicurezza la nostra azienda e come tale rimane. Negli accordi abbiamo l’opzione di ricomprarci le quote ma per il momento siamo assolutamente contenti e soddisfatti di avere come socio la famiglia Aponte”.
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