L’export di made in Italy agroalimentare arriva sempre più lontano
Lo evidenzia una analisi di Ismea, secondo il quale nel decennio 2013-2022 questo sia anche cresciuto in valore dell’81%
La distanza media coperta dai prodotti realizzati nella Penisola e destinati all’estero è di 3.000 km, l’8% in più che nel 2012
Cresce la distanza percorsa dalle esportazioni italiane di cibi e bevande. Secondo un’analisi di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente pubblico economico nato dall’accorpamento dell’Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina), le spedizioni italiane di questi generi percorrono in media quasi 3 mila chilometri, con un aumento dell’8% tra 2012 e 2021, segno di una lieve crescita delle esportazioni verso mercati più lontani.
Considerando i 20 prodotti più distintivi del made in Italy (ovvero quelli che con quasi 28 miliardi di euro, rappresentavano nel 2021 il 53% del valore totale dell’export), l’analisi mostra come ad arrivare più lontano sia di solito il tabacco, con quasi 8.000 chilometri percorsi in media, grazie in particolare al peso del Giappone come destinazione per effetto di uno specifico accordo commerciale stipulato con una multinazionale del paese.
Seguono i pomodori pelati e polpe (4.850 km), vini, conserve e preparazioni suine e spumanti (tutti sopra i 4.000 km), formaggi e pasta (sopra i 3.500). In coda a questa particolare classifica ci sono invece le acque minerali, il riso e le cialde per il caffè, che raggiungono in media destinazioni più prossime.
Anche se l’Ue rimane il principale mercato di sbocco dell’agroalimentare nazionale, la domanda da parte dei paesi fuori dal continente europeo si fa sempre più forte con Stati Uniti, Giappone, Canada, Russia, Cina e Australia che insieme concentrano oggi quasi il 21% del valore del nostro export agroalimentare…LEGGI l’articolo completo su SUPPLY CHAIN ITALY