Duci (Federagenti): “Le tre fasi dell’emergenza Covid-19 sullo shipping italiano”
Contributo a cura di Gian Enzo Duci (presidente di Federagenti) riportato all’interno dell’inserto speciale “I numeri dei porti italiani” appena pubblicato da SHIPPING ITALY “Troppo facile ripetere lo slogan “Nulla sarà come prima”. Anche un osservatore superficiale si potrebbe rendere conto della violenza con la quale l’emergenza Covid-19 ha impattato e sta impattando sul settore […]
Contributo a cura di Gian Enzo Duci (presidente di Federagenti) riportato all’interno dell’inserto speciale “I numeri dei porti italiani” appena pubblicato da SHIPPING ITALY
“Troppo facile ripetere lo slogan “Nulla sarà come prima”. Anche un osservatore superficiale si potrebbe rendere conto della violenza con la quale l’emergenza Covid-19 ha impattato e sta impattando sul settore marittimo portuale. Salvo rare eccezioni favorite dalla congiuntura di eventi diversi dal Covid (si veda il settore delle navi cisterna), l’intero comparto nella sua globalità, ovvero comprensivo di attività armatoriali e legate all’armamento (equipaggi), porti, terminal intermodali, catena logistica e autotrasporto stanno subendo conseguenze negative che per molte aziende rischiano di minare la sopravvivenza.
Su alcuni settori protagonisti negli ultimi anni di una crescita che pareva inarrestabile, è addirittura impossibile formulare previsioni. Mi riferisco ad esempio alle crociere, che non solo stanno subendo oggi un impatto devastante con azzeramento dell’attività, ma che vedono profilarsi anche una crisi di medio periodo determinata dall’annullamento di molte prenotazioni e da previsioni che individuano fra la fine del 2021 e il 2022 una ripresa piena dell’attività (che comunque si pronostica diversa da come l’abbiamo conosciuta in passato).
E proprio il caso delle crociere, per altro con ricadute tutte da computare sul portafoglio ordini dell’industria cantieristica che su questo “prodotto” aveva scommesso con maggiore convinzione, risulta emblematico per capire quale potrà essere la reazione a catena su tutto il mercato dello shipping.
Le conseguenze in fase 1 saranno e sono sull’operatività, sulla possibilità di gestire in modo remunerativo i servizi, sul calo dei quantitativi di merce e di container che saranno oggetto dell’interscambio via mare, sul livello dei noli che conseguirà da un eccesso di offerta di navi che tenderà a cronicizzarsi.
Quindi in fase 2 saranno di tipo finanziario e di governance delle imprese, provocando una ridiscussione dei rapporti, in molti casi, già abbastanza critici e delicati fra shipping e finanza, mettendo duramente alla prova imprese oggi depauperate di risorse e quindi costrette a ricercare in tempi brevi la liquidità necessaria per continuare a operare.
Nella fase 3 si assisterà inevitabilmente a un raggiustamento dei mercati, conseguenza di probabili processi di ulteriore accorpamento e dall’uscita di scena dei player che si collocavano già in fasce di fragilità strutturale e finanziaria.
In tutte e tre le fasi un grande punto interrogativo riguarda il ruolo che la pubblica amministrazione, lo Stato, potrà svolgere a sostegno di servizi logistici, portuali e marittimi di importanza strategica per l’economia e la struttura produttiva del Paese. Servizi che già oggi, come accade per i traghetti e le autostrade del mare, o per l’autotrasporto e le imprese di logistica, scricchiolano sotto il peso di problemi quotidiani determinati da extra costi, crollo del fatturato, impossibilità di mettere a punto piani operativi e industriali di medio e lungo periodo. Di certo dallo Stato è attesa una maggiore sensibilità per quanto riguarda gli interventi di emergenza (sulla liquidità e sugli oneri che gravano sulle imprese di questo comparto) e in parallelo un abbattimento della pressione burocratica sull’operatività di porti e strutture logistiche.”
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