Quasi il 50% dell’import ed export via ro-ro in Italia è in mano a vettori nazionali
Lo mostra l’ultima indagine di Bankitalia, che nel complesso rileva però una perdita di quota di mercato da parte degli operatori tricolore
Continua la perdita di quote di mercato degli operatori di trasporto italiani sui flussi di import ed export di merci dalla Penisola. Secondo l’ultima indagine di Bankitalia, nel 2022 la loro porzione è infatti scesa al 14,3%, con un ulteriore calo di 3 punti percentuali rispetto al 14,6% dell’anno precedente, sull’onda di dell’emorragia più o meno costante di market share che si osserva dall’avvio dello studio, nel 2002, quando la fetta italiana era del 24,2%.
Il dato medio nasconde però un andamento articolato tra i diversi comparti, tra cui la decisa crescita che si è vista invece nell’ultimo anno nel trasporto marittimo via ro-ro così come quella, di minor entità, nel segmento dei container.
Vale la pena a questo punto aprire una parentesi sulla definizione di nazionalità così come intesa da Banca d’Italia. Al riguardo è lo stesso report a chiarire che nei traffici via nave questa viene legata alla residenza dell’armatore (inteso come ship operator, non come ship owner). Riguardo la metodologia utilizzata, il documento spiega anche di avere censito oltre 5mila navi, per oltre 20mila movimenti (di cui oltre la metà di traffici internazionali).
Tornando allo studio, da quetso emerge innanzitutto come gli operatori italiani del settore ro-ro si siano portati a gestire nel 2022 quasi la metà dei flussi di questo tipo in ingresso e uscita dall’Italia, attestandosi su una quota del 49,3% del totale. Valore in netto aumento sul 43,6% del 2021 (sebbene inferiore al picco del 55,6% toccato nell’anno dello scoppio della pandemia) e inserito in un percorso di crescita, sebbene non lineare, iniziato nel 2005 (anno della prima rilevazione) con il 25%. Quote significative sono comunque quelle in mano a vettori greci (23,4%), giapponesi (9,8%, dato che riflette probabilmente i traffici di unità car carrier) e a seguire Tunisia (4,6%).
Un incremento, più contenuto e su un segmento di attività meno ampio, si nota però anche nel trasporto marittimo di container, con la fetta in mano agli operatori italiani che nel 2022 è stata del 3,5%, contro il 2,7% del 2021. In questo caso l’andamento degli ultimi anni è stato più a zig zag, ma dal confronto con i dati di un ventennio prima quello che si osserva è un calo marcato (la quota era del 16% nel 2002).
Restando nell’ambito del trasporto via mare, risultano invece in flessione le fette relative alle altre tipologie di traffici, con il general cargo gestito da vettori italiani che scende all’8,2% del totale (dal 10,8% del 2021), le rinfuse liquide che calano al 5,8% (dal 9,9%) e quelle solide che si portano allo 0,9% (dal 2,3%). Guardando nell’insieme ai traffici di import ed export via mare, rileva ancora lo studio, l’effetto combinato di queste varie tendenze fa sì che la market share italiana lo scorso anno sia stata del 7,1%, in linea con il dato 2021 (7,2%).
Più invece lineare la tendenza dei traffici di import ed export gestiti per via aerea. Nel 2022 la quota italiana è scesa al 13,8%, dal 14,3% dell’anno prima, nell’ambito di un calo quasi ininterrotto cominciato nel 2002 (quando la fetta era del 34,7%). Anche nel trasporto su strada, infine, nel 2022 gli operatori italiani hanno perso terreno (dal 22,6% al 21,6%) ma in questo segmento negli ultimi anni si osserva un andamento più frastagliato, sebbene con scarti contenuti (nel 2019 e nel 2020, per fare un esempio, le quote erano rispettivamente del 20% e del 19,1%).
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