La metà degli esportatori italiani (50,2%) appartiene al settore manufatturiero
Lo riporta l’ultimo annuario Commercio estero e attività internazionali delle imprese di Istat e Ice, che mostra anche come la crescita delle vendite estere abbia interessato nel 2022 quasi tutte le regioni italiane
Pochi giorni fa è stata pubblicata la 25esima edizione dell’Annuario statistico ‘Commercio estero e attività internazionali delle imprese, frutto della collaborazione fra Istat e Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane). Il documento propone un quadro aggiornato sulla struttura e la dinamica dell’interscambio di merci e servizi da e per l’Italia così come sulle imprese protagoniste di queste attività, mettendo in luce le caratteristiche più rilevanti. Di seguito una sintesi dei punti più importanti del report.
Commercio estero: per l’Italia in forte aumento sia export (+20%) sia import (+36,4%)
Nel 2022 il commercio mondiale di beni – misurato in dollari ed espresso a prezzi correnti – ha mostrato una crescita dell’11,5% rispetto al 2021, per effetto di un forte aumento dei valori medi unitari (+9,5%) e di un incremento, meno ampio, dei volumi scambiati (+2,3%). In questo quadro globale, l’Italia ha registrato sia un forte aumento del valore in euro delle merci esportate (+20,0%) sia una crescita, decisamente più ampia, dell’import (+36,4%). L’aumento quasi doppio delle importazioni rispetto alle esportazioni ha determinato un deficit della bilancia commerciale di 30,7 miliardi di euro (nel 2021 invece il saldo commerciale era positivo e pari a +40,3 miliardi), per la maggior parte dovuto alla componente energetica: al netto del suo contributo, il saldo commerciale, secondo Istat-Ice, si attesterebbe a +80,6 miliardi nel 2022 (da +88,7 miliardi del 2021).
L’incremento in valore nel 2022 dei flussi con l’estero, sottolinea inoltre il documento, riflette un’analoga crescita dei valori medi unitari, con volumi pressoché stabili (+0,1% per le importazioni e -0,1% per le esportazioni).
Germania, Usa e Francia restano i principali mercati di sbocco
Nel 2022 la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di merci (misurata in dollari) ha registrato una lieve flessione (2,65%, dal 2,79% nel 2021). Il calo più marcato si è osservato nella regione chiamata ‘Altri paesi africani’ (da 1,56% a 1,20%), nell’Unione Europea (da 4,94% a 4,64%), nei Paesi europei non Ue (da 5,07% a 4,83%), in Asia Centrale (da 1,63% a 1,42%) e in Oceania e altri territori (da 1,98% a 1,77%). Al contrario, incrementi si rilevano per Africa Settentrionale (da 6,06% a 6,23%) e America Settentrionale (da 1,89% a 1,97%).
La Germania si è confermata il principale mercato di sbocco delle vendite di merci italiane con una quota del 12,4% delle esportazioni nazionali. Stati Uniti e Francia si collocano al secondo e al terzo posto con quote pari, rispettivamente, al 10,4% e al 10,0%. Seguono Spagna (5,1%), Svizzera (5,0%) e Regno Unito (4,4%). Tra i principali partner, i mercati di sbocco più dinamici (ovvero dove l’incremento della quota sulle esportazioni nazionali rispetto al 2021è stato superiore a 0,2 punti percentuali) sono Stati Uniti, con un aumento della quota di circa un punto percentuale, e Turchia.
Tra i gruppi di prodotti manifatturieri in cui l’Italia detiene nel 2022 le maggiori quote sulle esportazioni mondiali di merci si segnalano: materiali da costruzione in terracotta (22,89%); cuoio conciato e lavorato, articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria, pellicce preparate e tinte (13,18%); prodotti da forno e farinacei (13,12%); pietre tagliate, modellate e finite (12,04%); prodotti vegetali di bosco non legnosi (10,38%); tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio, esclusi quelli in acciaio colato (10,08%); articoli in pelle, escluso abbigliamento, e simili (9,70%) e navi e imbarcazioni (9,43%).
Rispetto al 2021, gli incrementi maggiori della quota sulle esportazioni mondiali si registrano per prodotti vegetali di bosco non legnosi (da 8,23% a 10,38%) e navi e imbarcazioni (da 7,32% a 9,43%). I cali più ampi riguardano materiali da costruzione in terracotta (da 24,46% a 22,89%) e cuoio conciato e lavorato; articoli da viaggio, borse, pelletteria e selleria; pellicce preparate e tinte (da 14,44% a 13,18%).
In crescita le esportazioni di tutte le regioni a eccezione del Molise
La crescita in valore dell’export nel 2022 interessa tutte le regioni italiane, a eccezione del Molise (-12,1%). Gli incrementi più marcati riguardano Marche (+82,0%), Sardegna (+61,8%) e Sicilia (+56,0%), quelli più contenuti Basilicata (+0,4%) e Abruzzo (+2,1%). L’aumento delle esportazioni è molto sostenuto per l’Italia insulare (+58,0%), intorno alla media nazionale (+20,0%) per l’Italia centrale (+23,4%) e il Nord-ovest (+19,6%), relativamente più contenuto per il Nord-est (+16,0%) e per l’Italia meridionale (+15,4%). La provenienza territoriale delle vendite sui mercati esteri si conferma fortemente concentrata nelle regioni del Centro-nord (87,9% dell’export nazionale), mentre il Mezzogiorno ne attiva il 10,6%. Nel 2022, la quota della Lombardia sulle esportazioni nazionali è del 26,0%; seguono Emilia-Romagna (13,5%), Veneto (13,1%), Piemonte (9,4%) e Toscana (8,8%).
Rispetto al 2021, l’incidenza sul totale dell’export nazionale aumenta per le ripartizioni dell’Italia insulare (da 3,1% a 4,1%) e dell’’Italia centrale (da 18,0% a 18,5%) mentre si riduce per Italia Nord-orientale (da 33,1% a 32,1%), Italia meridionale (da 6,8% a 6,5%) e Italia Nord-occidentale (da 37,4% a 37,3%).
Stabile la quota di esportatori italiani
Nel 2022, 137.664 operatori economici hanno effettuato vendite di beni all’estero (contro i 137.220 nel 2021). Resta molto diffusa la quota dei ‘micro-esportatori’: 75.151 aziende presentano infatti un ammontare di fatturato all’esportazione molto limitato (fino a 75mila euro), con un contributo al valore complessivo delle esportazioni pari allo 0,2%. Di contro, 5.652 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 15 milioni di euro e da soli realizzano il 74,3% delle vendite complessive sui mercati esteri.
Rispetto al 2021, l’export degli operatori con fatturato estero inferiore a 50 milioni di euro cresce in valore dell’8,3%. Aumentano in misura ampia le vendite all’estero degli operatori con fatturato estero tra i 5 e 50 milioni di euro (+10,8%). Nel 2022 aumenta inoltre la concentrazione delle esportazioni realizzate dai primi mille operatori (da 51,9% a 53,3% dell’export complessivo), così come le quote dei primi 100 operatori (da 25,2% a 27,1%) e dei primi 20 (da 11,9% a 13,6%)
Quasi la metà degli operatori esporta verso un solo mercato
Considerando gli operatori secondo i mercati di sbocco, il 46,4% esporta merci verso un solo paese mentre il 17,5% opera in oltre 10 mercati. La presenza degli operatori nelle principali aree di scambio commerciale è comunque diffusa. Nel 2022 si registrano 88.327 presenze di operatori commerciali residenti in Italia nei Paesi europei non Ue, 47.723 in America settentrionale, 39.822 in Asia orientale, 33.022 in Medio Oriente, 31.694 nell’area Ue, 25.226 in America centro-meridionale, 21.220 in Africa settentrionale, 19.773 negli Altri paesi africani, 18.614 in Oceania e altri territori e 16.983 in Asia centrale. I primi cinque paesi per numero di presenze di operatori commerciali italiani sono Svizzera (circa 52mila), Stati Uniti (oltre 43mila), Regno Unito (circa 36mila), Francia (circa 30mila) e Germania (oltre 29mila). Un numero elevato di operatori è presente anche in Spagna (circa 26mila), Polonia (oltre 21mila) e Paesi Bassi (oltre 20mila). Le regioni con il maggior numero di operatori all’export sono Lombardia (oltre 58mila), Veneto (circa 25mila), Emilia-Romagna (oltre 19mila), Toscana (oltre 18mila) e Piemonte (oltre 16mila).
Struttura e performance economica delle imprese esportatrici al 2021
Dopo l’impatto negativo della crisi pandemica, secondo l’Annuario nel 2021 le vendite all’estero sono cresciute per tutte le classi dimensionali di imprese. Gli aumenti maggiori (ovvero superiori alla media nazionale) hanno riguardato quelle con 20-49 addetti (+22,6% le esportazioni rispetto al 2020), con 250-499 addetti (+20,9%), quelle con 500 addetti e oltre (+20,8%) e quelle con 0-9 addetti (+20,1%).
In termini settoriali, il 50,2% delle imprese esportatrici attive nel 2021 era rappresentato da imprese manifatturiere (con un peso del 79,7% sul valore complessivo delle esportazioni delle imprese industriali e dei servizi), il 37,5% da imprese commerciali e il 12,4% da imprese che operano in altri settori. Si conferma la relazione positiva tra contributo alle esportazioni nazionali e dimensione di impresa, espressa in termini di addetti. Nel 2021, le grandi imprese esportatrici (2.035 unità con almeno 250 addetti) hanno realizzato il 49,6% delle esportazioni italiane (48,8% nel 2020), le medie imprese (50-249 addetti) il 30,3% (in calo rispetto al 31,3% del 2021) e le piccole (meno di 50 addetti) il 20,1% (19,9% nel 2020).
Propensione all’export maggiore per le imprese certificate
Nel 2021, erano 20.298 le imprese esportatrici in possesso di un sistema di gestione certificato sotto accreditamento (il 16,9% del totale delle imprese esportatrici), per un valore delle esportazioni di merci pari a 259,5 miliardi di euro (il 54,5% del totale; la quota di export riconducibile alle imprese certificate era invece pari al 52,3% nel 2020 e al 54,1% nel 2019). La diffusione della certificazione accreditata dei sistemi di gestione cresce all’aumentare della dimensione aziendale, espressa in termini di addetti: è, dunque, meno diffusa tra le piccole imprese. La certificazione accreditata dei sistemi di gestione, si legge nell’Annuario, “può rappresentare uno strumento di monitoraggio della funzionalità di tutte le fasi di produzione. In generale, tutti i sistemi di gestione descrivono le procedure che un’impresa deve seguire per garantire una qualità costante dei propri prodotti e servizi. Per questo motivo facilitano la partecipazione delle imprese, in qualità di fornitori, a catene produttive dislocate su più paesi”.
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