Al Cipom anche compiti di coordinamento per la riforma dei dragaggi
Secondo il Piano del Mare sarà l’organo presieduto da Musumeci a dare le carte per riformare la normativa in materia di escavi dei fondali
Nel Piano del Mare è entrato anche il delicato tema dei dragaggi degli escavi portuali.
La materia è delicata, perché la norma italiana, modellata su quella internazionale, è articolata, approfondita e rigorosa: dragare fondali spesso fortemente inquinati da anni di navigazione a motore e industrializzazione senza controlli è pratica complessa, che richiede grandi attenzioni di natura ambientale e conseguenti grandi costi.
Ecco quindi il refrain della semplificazione, che, puntuale, torna anche nel Piano del Mare appena approvato: “Deve poi affrontarsi in modo coordinato ed efficiente il tema della semplificazione delle procedure necessarie per procedere agli interventi di dragaggio dei fondali portuali distinguendo, ove possibile, quelli necessari al mantenimento dei fondali con quelli che sono volti al loro approfondimento”.
Ma la legge e la giurisprudenza tale distinzione già l’hanno chiarita. Sicché la priorità diventa a tutti gli effetti la semplificazione. La prova in conclusione al paragrafetto, dove si definisce “appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra più Amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom”.
Insomma, il pallino passa al Comitato interministeriale presieduto dal Ministro del mare Nello Musumeci su delega di Palazzo Chigi, che è sì un organo policefalo dello Stato (inventato dall’esecutivo di Giorgia Meloni), ma con a carico “un comitato d’esperti” composto in larga parte da lobbisti portatori di interessi vari (armatori, militari, think thank, ecc.) ma non esaustivi di quelli dal tema dragaggi toccati.
Anche perché le “suddette azioni”, per quanto infiocchettate, sono in realtà solo due. La prima riguarda la definizione dei criteri alla base della redazione del Piano nazionale dei dragaggi, che, dimenticato da oltre due anni malgrado il rango di previsione Pnrr, avrebbe dovuto essere varato da Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti e Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Cultura e di concerto con la conferenza delle Regioni in un’ottica, meritoria e infatti subito abiurata, di razionalizzazione della portualità nazionale in base a cui poco senso (ambientale ma anche economico) ha pensare che ogni scalo di un paese con 8mila km di coste debba avere fondali di 15 e più metri. La seconda riguarda l’indirizzo della gestione dei sedimenti verso politiche di reimpiego, recupero o riutilizzo. Anche qui nessuna rivoluzione, dato che il target vede da tempo impegnati i più autorevoli enti statali in materia, a partire da Ispra.
Da oggi, però – e qua sta la novità del Piano del Mare – il manico della draga lo tiene il Cipom di Musumeci e dei suoi esperti.
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