“Per la decarbonizzazione dello shipping servono fondi pubblici realmente spendibili”
In un paper (con Confitarma e Assarmatori) indirizzato al legislatore Rina auspica armonizzazione normativa e sviluppo di tutte le tecnologie disponibili, compresi biofuels, nucleare e Ccs
La decarbonizzazione (anche dello shipping) costa. L’assunto è se vogliamo banale, ma è sempre bene ricordarlo e anche il paper “Da oggi al 2050: tra sfide e opportunità per l’industria marittima”, stato dell’arte appena diffuso da Rina in collaborazione con Confitarma e Assarmatori, lo fa in modo chiaro: “I costi conseguenti al processo in corso graveranno su tutti, o in termini di maggiori costi dei servizi di trasporto, o in termini di risorse pubbliche che dovranno essere destinate dai governi per accelerare se non solo per sostenere la transizione energetica”.
La prospettiva di una ricalibrazione di usi e abitudini del mondo occidentale guidata non solo dal fattore prezzi non è in generale contemplata e, legittimamente, il settore dello shipping si accoda, concentrandosi sul modo più indolore per se stesso per centrare il target della decarbonizzazione. Due i pilastri in tal senso. Il primo è normativo: “Fondamentale – secondo Rina e armatori – che vi sia un approccio uniforme concordato a livello Imo”. E “opportuno che le raccomandazioni approvate dall’Imo sotto forma di risoluzioni a carattere raccomandatorio, interpretazioni unificate, circolari o linee guida fossero uniformemente applicate a livello internazionale”.
Sul fronte prettamente tecnico il paper, considerando come la decarbonizzazione debba riguardare la flotta da costruire ma anche quella esistente, dedica particolare attenzione alle tecnologie utili a questo secondo aspetto, nella consapevolezza che il percorso per arrivare ad un uso diffuso di combustibili alternativi richiederà soluzioni di transizione. Che hanno, però, il comun denominatore di necessitare di supporto finanziario, secondo pilastro per centrare l’obiettivo.
“I biofuels, ad esempio, possono essere miscelati con combustibili convenzionali o utilizzati puri, consentendo il conseguimento di sostanziali riduzioni di emissioni di CO2 equivalente. Affinché questa via sia percorribile, non bisogna dimenticare due fattori fondamentali: la disponibilità del combustibile e la sostenibilità del suo costo”.
Parimenti, la “Carbon Capture and Storage – Ccs, è attualmente l’unica tecnologia in grado di rendere i carburanti fossili compatibili con gli obiettivi di riduzione delle emissioni a breve termine”, ma “sono necessari investimenti per supportare la fase iniziale di ricerca e sviluppo per l’applicazione a bordo, nonché la catena logistica di supporto necessaria al definitivo sequestro della CO2 stessa”.
E, riconosciuto il ruolo di transizione del Gnl, anche per “poi passare ad una completa conversione a combustibili come metanolo, ammoniaca e idrogeno, la ricerca e lo sviluppo per l’applicazione a bordo dei nuovi combustibili dovrà essere supportata sia finanziariamente che da un quadro normativo chiaro, nonché da adeguate infrastrutture a supporto della produzione e distribuzione dei vari combustibili”.
Le criticità non sono solo finanziarie. “Non vanno sottovalutate le difficoltà connesse all’ “accettazione sociale” di alcune soluzioni, quali possono essere la realizzazione di nuovi depositi costieri di gas, di metanolo o di ammoniaca; per non parlare del tema ‘accettazione sociale’ delle soluzioni basate sulle nuove tecnologie nucleari”.
Ma il suggerimento al legislatore resta focalizzato sul tema economico: “Investire nel settore marittimo la maggior parte dei proventi derivanti dalla applicazione della Ets al settore marittimo e dalla Fuel-Eu-Maritime; incentivare coloro che investono in nuove navi/tecnologie; ridurre fino a coprire il differenziale di prezzo tra fuel esistenti e futuri fuel alternativi”.
Possibilmente, concludono Rina, Confitarma e Assarmatori, evitando i flop come quelli del decreto flotte, con meno della metà delle risorse utilizzate: “È assolutamente indispensabile che gli eventuali strumenti di finanziamento che verranno messi in campo siano congruenti con le tecnologie effettivamente disponibili, in linea con i tempi necessari per la realizzazione dei relativi progetti e consapevoli della struttura produttiva della cantieristica navale globale. Deve essere evitato che vengano rese disponibili delle risorse economiche che poi non potranno essere spese, non già per la cattiva volontà degli armatori, ma perché legate al raggiungimento di obbiettivi tecnologici irrealistici, oppure perché da realizzare in tempi non compatibili con la complessità dei progetti o con la capacità produttiva della cantieristica navale”.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY