Se n’è andato Antonio Scotto di Santolo, il decano degli armatori di Monte di Procida
Tra i vari discendenti della sua famiglia figurano anche i Romeo di Nova Marine Carriers e i vertici di altre primarie realtà come Manisa Bulk ed Ecobulk Shipping
All’età di 91 anni si è spento Antonio Scotto di Santolo, “Tore u Pazzo” per chi lo conosceva bene, nome noto nello shipping italiano e campano perchè ha rappresentato e fatto la storia dell’armamento a Monte di Procida (Napoli) negli ultimi decenni.
Sposato con Salverina Varriale (mancata già alcuni anni addietro) e con nove figli, cinque maschi (Domenico, Benedetto, Eugenio, Peppino e Salvatore) e quattro femmine, ha avuto 23 nipoti, molti dei quali ancora oggi portano avanti la tradizione di armatori e guidano primarie compagnie di navigazione come Manisa Bulk, Nova Marine Carriers ed Ecobulk Shipping. La figlia Clorinda ha sposato Giovanni Romeo, numero uno di Nova Marine Carriers e padre di Vincenzo Romeo che di Antonio Scotto di Santolo è quindi nipote.
L’avvio dell’attività armatoriale della famiglia risale agli anni ’60 del secolo scorso quando piccole navi general cargo venivano impiegate per il trasporto di materiali destinati all’edilizia dal porto di Napoli e dalla zona dei campi flegrei verso l’isola di Ischia. In particolare veniva imbarcata e trasportata la pozzolana estratta dalle cave, un materiale di origine vulcanica particolarmente apprezzato e utilizzato in quegli anni per produrre il calcestruzzo. Uno dei primi e più importanti caricatori a quel tempo era la società Idrocalce.
La prima nave in legno di Antonio Scotto di Santolo si chiamava Mauro Sante mentre il primo scafo in ferro fu quello della bulker Davide; nella sua vita professionale aveva gestito e compravenduto circa un centinaio di navi.
Un fatto storico che aveva segnato profondamente questo armatore fu quello avvenuto nel 1994 nel porto algerino di Djen Djen dove si trovava ormeggiata in banchina la nave Lucina sulla quale salirono a bordo alcuni fanatici religiosi che uccisero, sgozzandoli, i sette membri d’equipaggio: tre di loro erano siciliani e quattro di Monte di Procida. Quell’avvenimento sconvolse tutta la comunità locale alla quale Scotto di Santolo è sempre stato particolarmente legato.
Per il noto fiscalista Nicola Coccia lui fu uno dei primi clienti assistiti agli inizi della propria carriera professionale ormai mezzo secolo fa. A metà degli anni ’70 del ‘900, infatti, Monte di Procida era diventata probabilmente la piazza armatoriale con la maggiore concentrazione a livello europeo di armatori di navi bulk carrier di piccola taglia da circa 3.000 tonnellate di portata (se ne contavano circa 300 di varie shipping company). Per questo era stato anche costituito Cepam, Consorzio Esercizio Piccole Armatoriali del Mezzogiorno presieduto da Giovanni Colandrea e con direttore proprio Nicola Coccia; ne facevano parte diverse famiglie di armatori locali.
Quelle stesse shipping company avevano visto progressivamente crescere il proprio business agendo sul mercato con acquisti di navi general cargo di dieci anni d’età che venivano dismesse dalle società armatoriali del Nord Europa (che beneficiavano di agevolazioni finanziarie sull’acquisto di nuove navi dai cantieri appunto fino al decimo anno d’esercizio).
Antonio Scotto di Santolo e alcuni dei suoi nipoti erano fra i protagonisti anche del Consorzio Canadry composto da alcune società armatrici di Monte di Procida che negli anni 2005/2006, con il supporto di Monte Paschi Siena, avevano commisionato la costruzione in Cina di una serie di otto navi general cargo gemelle su un progetto di newbuilding che il cantiere aveva già costruito per Carisbrooke Shipping. Quella commessa plurima aveva rappresentato la prima volta in cui queste società armatoriali consorziate si erano affacciate all’investimento in navi di nuova costruzione rispetto ai tradizionali acquisti sul mercato dell’usato.
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