Decreto rinnovo flotte bocciato ma non per il retrofit
Armatori e operatori del settore traghetti e ro-ro passano al vaglio la misura, in attesa di una sua seconda edizione rivista e corretta
Napoli – Se lo scorso anno il Business Meeting di SHIPPING ITALY dedicato al mercato traghetti e ro-ro aveva messo in luce i molti limiti del Decreto Rinnovo Flotte varato dal governo, l’edizione andata in scena oggi a Napoli, negli spazi della Stazione Marittima ne ha certificato l’insuccesso, peraltro già riconosciuto nei giorni scorsi anche dal viceministro ai trasporti Edoardo Rixi.
Dal palco dell’evento, i principali operatori italiani del settore si sono mostrati pressoché concordi nel riconoscere come la misura si sia rivelata adatta a sostenere interventi di retrofit, ma inadeguata nel supportare l’avvio di nuove costruzioni. Questo pensiero è stato espresso innanzitutto da Achille Onorato, amministratore delegato del gruppo Moby, che in particolare con Toremar era risultato primo in classifica per entità dei contributi aggiudicati (22,5 milioni per due navi).
“Il decreto era troppo limitativo per le newbuilding (essendo circoscritto all’avvio di costruzione in cantieri di paesi Ue, ndr), il progetto era diseconomico e quindi è stato abbandonato” ha affermato Onorato, che poi però ha ammesso come la misura abbia “funzionato bene” per sostenere interventi di retrofit condotti su navi di Moby e Cin. Stesso ragionamento seguito da Lauro.it, che – pur avendo ottenuto un contributo per una nuova unità – ha poi scartato questa possibilità. “Abbiamo preso in esame il bando del Decreto Rinnovo Flotte – ha spiegato Salvatore Lauro – ma non valeva la pena, sarebbe stato più conveniente comunque andare a comprare in Vietnam (nell’ordine del 40% in meno)”. Anche la compagnia napoletana si è però avvalsa della misura per un intervento di retrofit, la rimotorizzazione con sistemi Volvo Penta del catamarano Giove Jet, recentemente presentato nella nuova configurazione. “Abbiamo cambiato motore e sistema di propulsione, inserito pannelli fotovoltaici, risparmiamo il 40% combustibile con stessa velocità” ha affermato l’armatore, evidenziando come il settore delle navi veloci si ispiri molto a quello del diporto. Ad avere seguito lo stesso percorso, ha ricordato Francesco Russo, anche Rfi che ha concluso con il contributo governativo l’ibridizzazione del traghetto Iginia, un intervento di cui la sua società K-Ships ha curato la sorveglianza tecnica. La società di Fs ha comunque avviato, grazie al supporto governativo del decreto, anche la costruzione in Grecia di una unità gemella della Sikania, percorso intrapreso anche da Genova Trasporti Marittimi con la realizzazione di una nuova bettolina per il metanolo.
A fare ‘i conti in tasca’ al decreto anche Franco Del Giudice (Delcomar) che ha riassunto le sue critiche così: “La misura poteva coprire al massimo il 30% del costo di costruzione. Ma con un differenziale del 40% tra i cantieri comunitari e non, i conti non tornavano, il decreto cioè non copriva il differenziale” ha affermato. L’armatore sardo ha poi anche ricordato come il provvedimento sia nato come derivazione (e con le risorse) della precedente misura per il rinnovo flotte del trasporto pubblico locale – percorso avviato solo dalla Regione Siciliana (con il nuovo ro-pax per Lampedusa) e dalla Regione Veneto (per Actv) – verso le isole, con l’obiettivo di sostenere lo svecchiamento del naviglio.
Lapidario infine il commento di Lorenzo Matacena, amministratore delegato di Caronte & Tourist: “Il Decreto Rinnovo Flotte è stato in realtà un decreto di sostegno alla cantieristica italiana”.
Elencati tutti i difetti della misura resta ora da capire se e quali saranno i correttivi che verranno introdotti nella sua versione 2.0 su cui il governo – parola del viceministro Rixi – è al lavoro. In particolare se nella nuova veste il provvedimento allargherà le maglie a comprendere anche cantieri del Mediterraneo (leggasi Turchia) come richiesto in passato da Confitarma, o se, come più probabile, la misura verrà modificata con lo scopo di poter colmare il differenziale di costi con le strutture extra Ue rendendo conveniente (o perlomeno non sconveniente) realizzare newbuilding negli stabilimenti comunitari.
F.M.
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