Celebrato il (non) affondo del primo cassone della nuova diga di Genova
Nuovi numeri di Rixi: “Con la realizzazione dell’opera 5 milioni di teu in più nel nord Tirreno”
Genova – La cerimonia organizzata dall’Autorità di sistema portuale di Genova e dall’appaltatore Pergenova Breakwater per la posa del primo cassone della nuova diga foranea, opera simbolo dell’amministrazione di fresco travolta dagli arresti dell’ex presidente e commissario all’opera Paolo Emilio Signorini (insieme al governatore Giovanni Toti e agli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli oltre a Mauro Vianello), s’è conclusa a sorpresa senza la posa.
Prodotto a Vado Ligure, il cassone era regolarmente arrivato in mattinata al traino del rimorchiatore Gianemilio C di Oromare. Rimasto a galleggiare grossomodo nel luogo del previsto affondamento mentre a Palazzo San Giorgio si seguivano gli interventi degli invitati, al termine di questi il modulo di cemento destinato al ‘campo prova n.1’ (dove i lavori di consolidamento sono più avanzati ancorché non testati, come denunciato recentemente dai tecnici della stessa Adsp in contrasto con le rassicurazioni del commissario Marco Bucci) ha però ripreso il largo e mentre scriviamo è fermo davanti a Genova Sampierdarena, ‘guardato’ dal Gianemilio C.
Nessuna spiegazione ufficiale è stata offerta dagli organizzatori. E del resto l’intera cerimonia, complice l’inchiesta, è stata in tono minore rispetto ai frizzi della posa della prima pietra un anno fa, con parecchie sedie vuote (oltre a quelle degli assenti per forza maggiore), a partire dal forfait della premier Giorgia Meloni, fino a ieri data come possibile. Per il resto facce scure, organizzazione spartana e blindata: giornalisti tenuti in disparte, nessuna conferenza stampa, silenzio tombale dei pochi protagonisti che non scelgono direttamente le uscite di servizio.
Solo Giorgio Bellipanni, manager di Fincantieri (parte di Pergenova), pressato dai cronisti liquidati senza spiegazioni della posa rinviata, smozzica che “la causa è il maltempo”. Che a Genova però era ai minimi: venti deboli, mare mosso-poco mosso, recita Arpal. Altra fonte, ugualmente autorevole ma gelosa dell’anonimato, spiega, confermando i timori succitati, che “il problema è lo scanno (il basamento su cui poggerà il cassone, ndr): non è consolidato, fermo; serve quindi mare piatto per procedere pianissimo”. Domani si riproverà.
Nondimeno la fanfara aveva suonato con tutti gli ottoni, col “varo del cassone contro tutti i gufi” di Pietro Salini, patron di Webuild (capofila di Pergenova), il ringraziamento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini a Toti per “il rinascimento ligure” e Silvio Fasce, consigliere di Pergenova, che celebrava “i 15-20 giorni impiegati per costruire il cassone”, che sono però 50 abbondanti secondo la comunicazione dell’Adsp (3 aprile).
A completare il quadro i nuovi deflagranti numeri sugli effetti dell’opera sciorinati dal viceministro Edoardo Rixi: “La realizzazione della diga permetterà un incremento stimato tra 2 e 3 milioni di Teu per Genova e altri 2 milioni di Teu per i porti del Nord Tirreno” (di fatto un +100%) ha affermato il numero due del Mit, facendo strame delle già rosee previsioni che accompagnarono l’opera in epoca di dibattito pubblico (peraltro già ben ridimensionate dall’Adsp in più occasioni) e in apparente contraddizione con la successiva affermazione che “l’analisi del traffico ha stimato la possibilità di attrarre una linea di servizio diretto con i porti del Far East, operata con navi ultra-large da oltre 18.000 Teu, dedicata a traffici con origine o destinazione verso le aree in pianura padana, in particolare Piemonte e Lombardia, e parte della Svizzera” con “una stima di 48 toccate” (cioè ben che vada 250-300mila Teu in più l’anno).
Già da alcune settimane il porto di Genova ha peraltro iniziato a ospitare regolarmente (al terminal Psa Genova Pra’) una linea da e per l’Estremo Oriente operata con navi da 20.000 Teu.
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