“Congestion fee a Genova in gran parte non applicata (o applicata all’italiana)”
Arduini (Alix International) rileva come l’introduzione della sovrattassa, spesso disattesa, stia favorendo i trasporti intermodali e la categoria dei grandi spedizionieri a svantaggio di quelli medio-piccoli
La compattezza con cui il fronte dell’autotrasporto si è presentato unito nel chiedere l’applicazione della congestion fee per i trasporti da e per il porto di Genova mostra già alcune crepe, che si stanno traducendo in ulteriore incertezza per la categoria di spedizionieri e committenti del servizio.
L’introduzione della tassa, di importo compreso tra i 120 e i 180 euro a viaggio, contestata fino all’ultimo dai rappresentanti degli spedizionieri, è stata decisa dalla categoria dei vettori stradali (rappresentata da Aliai, Anita, Cna Fita, Confartigianato Trasporti, Fai, Fiap, Lega Cooperative e Trasportounito), per far fronte alle lunghe attese al terminal per il carico e scarico dei container.
A mettere in luce le criticità legata alla tassa, a distanza di pochi giorni dalla sua entrata in vigore, è stata Alice Arduini, titolare della casa di spedizioni Alix International, che ha stigmatizzato come la sua applicazione – a partire dalla data concordata di lunedì 17 giugno – ancora in gran parte non si sia concretizzata, in particolare nel caso in cui l’attività di trasporto stradale sia in carico al carrier marittimo (‘posizionamento in carrier’). Quando invece si tratta di servizi offerti dagli autotrasportatori (‘posizionamento in merchant’), quella a cui si assiste secondo l’imprenditrice è invece al momento è una classica situazione “all’italiana”.
“L’applicazione della congestion fee è una indicazione, non un obbligo” ha evidenziato a SHIPPING ITALY Arduini. “Le compagnie marittime, pur avendo fatto girare circolari in cui segnalavano l’entrata in vigore del surcharge, al momento in gran parte non lo stanno richiedendo. Non è detto però che non decidano di applicarlo ex post, inserendolo in fattura: pertanto la situazione è estremamente incerta”.
“Questo vale per Msc, Cma Cgm, Hapag Lloyd e Cosco. Hmm, che sta richiedendo una fee da 150 euro, ha già annunciato che smetterà di farlo nella prossima settimana, mentre One pure ha ritirato la misura in questi giorni”. A SHIPPING ITALY il consorzio armatoriale giapponese ha fatto sapere che al momento sono ancora in fase di valutazione le decisioni da prendere sullìapplicazione o meno del congestion fee.
Quello che appare, insomma, è che i carrier stiano attendendo di capire l’orientamento del mercato. Tuttavia è probabile che, qualora arrivassero a definire la loro politica in materia, l’entità del surcharge resti comunque oggetto di trattative con i singoli committenti, sulla base dell’entità e della regolarità dei traffici di ognuno.
Diverso ma non troppo lo scenario che si presenta a chi acquisti il ‘posizionamento’ dai trasportatori. Quello cui si assiste, in questo caso, è già l’avvio di negoziazioni in cui il coltello è dalla parte del manico di committenti e spedizionieri con volumi maggiori o con traffici continuativi. Costoro riescono anche a evitare in toto l’applicazione del surcharge da parte dei trasportatori, timorosi di perdere carichi regolari e consistenti (per quei casi in cui questo viene richiesto, Arduini cita quotazioni di 80 euro, dunque ben inferiori a quelle fissate dalle associazioni di categoria). La conseguenza è che la committenza che si affida a grandi operatori spesso ad oggi sia ignara dell’esistenza di questa sovrattassa, e possa addirittura percepirla come un costo extra deciso dal piccolo-medio spedizioniere (il quale a differenza dei grandi player non può far altro che esplicitarlo e richiederlo, quando a sua volta deve pagarlo).
In conclusione, tracciando un bilancio dei primi tre giorni di applicazione della sovrattassa, Arduini scarta al momento il rischio di fuga della merce verso altri porti (Spezia in primis) che era stato paventato da Spediporto nei giorni scorsi. La conseguenza diretta, però, secondo l’imprenditrice è quella di creare un vantaggio a favore degli spedizionieri più forti, che hanno più volumi e “hanno saputo creare una forte dipendenza dei trasportatori affidando traffici regolari e continuativi”. Un accorgimento deciso intanto da Alix International (e forse da altri operatori) è quello di spostare traffici in export da Genova sulla via intermodale, per evitare del tutto la fee e la sua eventuale applicazione ex post. Una scelta che non è però praticabile, secondo Arduini, sull’import, che già soffre per la crisi del Mar Rosso che ostacola il normale flusso delle merci e dove quindi la scelta del (più rapido) trasporto su strada è praticamente obbligata.
Anche ponendosi nella posizione dell’autotrasporto, la titolare di Alix International non esita quindi a descriverlo come un autogol per la stessa categoria che in teoria avrebbe dovuto tutelare. Considerando che il problema della congestione è legato alla operatività di strutture in ultima istanza pubbliche come i porti, secondo l’imprenditrice anche il sostegno agli autotrasportatori dovrebbe arrivare dal pubblico, in forma di “sovvenzioni come quelle che si sono viste già a Genova a seguito del crollo del ponte Morandi”.
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